Cammino al fianco del mio cane vecchio, nei passi spolpati di carne, gonfi delle nostre ombre.
Va così piano.
Lo guardo e vedo l'antico maestro, l'oracolo benevolo, il divino battito. Non ci lega più la convenzione di un guinzaglio.
Tu mi sei un dio stanco, e io ti sono vestale devota.
Se solo sapessi. Ho passato tutti questi anni a cercare di meritarti.
Sono i colpi cadenzati dei tamburi di guerra, ai confini di un impero che non posso più difendere.
Non sono degna della sua lentezza, non sono degna di tutto questo dolore.
Mi chino e lo sfioro. Mentre chiudo gli occhi e non voglio sapere, so che sta arrivando.
Come mammifero, come pianeta, come carta velina su cadavere gelido, tu hai visto.
Entri in scena come filo di seta tra schegge di vetro, balzo di gatto, cifra tonda, richiamo animale, tagliola nel bosco.
Ti inchini da vincitore.
Ti abbeveri.
Il massacro degli intenti, in ginocchio alla sorgente dell'assoluto e del nulla, la saliva come rugiada su cavi elettrici, i miei nervi come corde di pianoforte, alta tensione che sibila nella nebbia.
Nell’attimo di caos massimo dell’universo
Non mi proteggi.
Nelle mie tragedie, tu Icaro al contrario.
Chi ti aiuterà a rialzarti, quando le tue ali saranno imbrattate del catrame dei miei abissi, che tanto osanni?
Come vibrazione di falena alla sorgente del buio, nessuno si salva.
Che la pena ti sia clemente.