giovedì 27 agosto 2009

le mie tracce.

bravi, bello.
i fotoromanzi delle vostre vacanze mentre mi sfuggo e penso ai cazzi miei.
bello, bravi.
ora che gli amici del mare tornano alle loro case.
ora che l'amore estivo si toglie come sabbia asciutta, scrivete le ultime righe di promesse. eterne se va bene fino all'anno prossimo.
vi vedo tornare abbronzati e felici e sono contenta di vedervi. davvero. mi sentivo sola.
ripopolate controvoglia la città, presto avrete fame e smetterete di fare gli schizzosi.
ne conosco pochi di puri che si lasciano morire pur non di addentare una quotidianità mediocre.


io sono come mi avete lasciata, per non destabilizzare, per non dare spiegazioni.
al massimo, solo un po' più pulita, un po' più in ordine.
perchè ho cambiato l'asse di rotazione senza sbriciolare in giro.
ho svuotato tutto e ricomposto senza smuovere la pelle.
sono le mani rovinate, ma quella è la guerra.

così mi rimetto a voi.
come quando mi dicevi smettila di essere così perfezionista. fuochino acqua acqua.
perfezionista è chi insegue la perfezione. io ne ridefinisco il concetto.

perchè non sono la migliore.
io sono la pietra di paragone.

e tu lo sai.
oh, se lo sai.

ma non lo puoi ammettere.
nè a me, nè a lei, nè a te.

se esco dal tuo campo visivo, quindi, è solo perchè ti voglio bene.

chiudi gli occhi, mentre lascio in giro le mie tracce per fare al mondo più male possibile.

sabato 22 agosto 2009

riflessione sull'impermanenza.

mi sono sognata a cena con fernanda pivano, massimo cacciari e arnaldo pomodoro.
sti cazzi.
parlavamo di cose.
cacciari diceva qualcosa di pesantissimo su dante, e io capivo una parola su tre.
arnaldo mi consigliava di iscrivermi all'accademia di brera e io chiedevo alla nanda com'era la pelle di kerouac, che profumo aveva, se era liscia o ruvida, che maglioni indossava, come muoveva le mani, le braccia. di hemingway non mi interessava. io le chiedevo di kerouac e piangevo a fiotti.
arnaldo mi diceva, fai scultura, fai scultura.

cappuccino e una quantità di dolci indecente.
che poi mi alzo e penso che non si è trattato di una colazione, ma di un vero e proprio atto di vandalismo verso un patrimonio dell'umanità.
culo di trionfo.
sic transit gloria mundi.

dentro questo bozzolo di silenzio e provincia, mi sto evolvendo che tutto si ridimensiona continuamente.
tornerò a voi che non sarò più come mi avete lasciato. cosa che mi fai notare con me capita sempre, da un giorno all'altro.
ma stavolta no.

è radicale.
è epocale.
è immenso.

mostrami la mano nella quale tieni la tua sofferenza.
tanta strada per arrivarci, ed era tutto così semplice.

mercoledì 19 agosto 2009

storie di una notte di fine estate.

l'appuntamento era alle otto di mattina.

lei, arrivò a mezzanotte.



lui, c'era ancora.



(non mi sembra necessario aggiungere altro.)

giovedì 13 agosto 2009

cosa avete da guardare?

era ieri? abbiamo bevuto tre bottiglie di vino. e quell'amaro di erbe, che era dolce in confronto alle nostre parole. eravamo sul lago, nei rari posti salvati dai turisti, che i nonni bisbigliano da orecchio a orecchio fino a noi, custodi e profanatori. ci siamo lasciati traghettare sulle acque indifferenti del lario, e il vecchietto della barca ha detto che sono più bella della canalis. tu ti sei fatto pensieroso, e non hai detto niente fino al ritorno.
era domani? hai chiesto a mia mamma di sposarmi. è stato buffo, perchè io e te eravamo lì, e io ridevo con gli occhi liquidi e tu avevi il singhiozzo come nei cartoni animati, ma prendevamo la cosa sul serio, e abbiamo chiamato la mamma, e lei è arrivata per davvero. ed era pazzo e surreale, lei al tavolo, io la figlia ubriaca e tu l'uomo improvviso.
era oggi? ho un mal di testa che mi guardo allo specchio e mi sorrido come una complice e un boia. non mi dò consigli, non mi strucco, non mi faccio raccomandazioni. tra poco sono di nuovo con te. ma ora mi sdraio nella cuccia del cane, che mi avvolga, mi inglobi. lei mi guarda, e mi guarda, e mi guarda e poi non mi guarda più.

lunedì 10 agosto 2009

a te che fai succedere le cose.

e mi porterai al mare quando sarà anche troppo tardi per andare al lago.

passerai da casa mia e non ti lascerò nemmeno il tempo di sdraiarti sul mio letto.
-andiamo al mare-
senza il punto di domanda, perchè non te lo sto chiedendo.
è una richiesta d'aiuto. una preghiera, una soluzione a te che arrivi al fronte e vuoi renderti utile.
e infatti non obietti che è il tramonto, che sei appena arrivato, che stai guidando più di un camionista. -basta che torni a riva, però-

dopo cinque minuti siamo in macchina, dopo un'ora siamo in un autogrill squallido a infilarmi il costume barcollando su un piede solo e ridendo di gioia e dopo due ore sto nuotando come se non fossi nata per fare altro altro.
e mi quando mi scende una lacrima vado sotto con la testa per non farti preoccupare.

acqua salata nell'acqua salata.
mi inabisso nella mia stanchezza e nella mia gratitudine.

fanculo alla razionalità, alla morsa delle cose reali e al valore che date ai cruscotti delle vostre macchine nuove.

ma grazie a te che fai succedere le cose.

venerdì 7 agosto 2009

di quando sono diventata grande.

non so bene come se la vivano le farfalle, appena spaccato il bozzolo. non posso prenderle come esempio. non ho nemmeno un riferimento mammifero, o una metafora soddisfacente, o un passo letterario da citare, quindi devo metterla giù nuda e cruda:


questa estate sono diventata grande.



alle cinque di mattina, nell'apice catartico di una notte di incubi insonni e paura nera, ho realizzato. tout simplement, ero stata fatta adulta a mia insaputa e contro il mio volere inconscio.



non si diventa grandi con le prime scarpe che ti allacci da solo, con il primo assorbente o quando fai i diciotto e ti firmi le giustificazioni.
diventi grande quando ti allunghi verso l'alto per essere preso in braccio e invece ti ritrovi in mano il mondo. chi te lo stava sostentendo sopra la testa non ce la fa più. trauma, vacilli: se molli, schiacci tutti. se reggi, lo tieni tu per sempre.

e così, torno a casa per nascondermi dietro alla mamma, ma non la trovo perchè è lei dietro di me.

con il papà.
e il fratello.

e il cane.

a difendere un minimo di decenza umana, in questa vita in cui temo il peggio, e non resto mai piacevolemente sorpresa del contrario.

un amico diceva che ci vuole un bel coraggio a suicidarsi. io dico che ci vuole un bel coraggio a vivere. lexotan per dormire, svenimenti, suicidi: sono fughe dalla realtà, e la fuga è la debolezza.

vorrei ma non posso. ora devo pensare.


agosto duemilanove. mangiata viva dalle zanzare tigre, dall'ansia e dalla provincia, vi sorrido.
alla guerra. ma non era meglio quella onesta, in cui ci si sparava dalle trincee?