domenica 27 giugno 2010

liuti e megattere, suoni di.

se c'è qualcosa che non ho voglia di fare, quella cosa sono io.
resto a spazzare il terrazzo dalle foglie di basilico e mi maledico.

qual è la cosa che ti fa più paura?
qual è la cosa che ti rende più felice?

possono anche durare un attimo, possono anche coincidere.
basta che tu me le dica, ho bisogno di puntini su questo piano cartesiano.
ho bisogno di averti qui, seduto accanto a me, manica contro manica, silenzio sommato al silenzio.

capitani ammainati chiusi nella stiva. marinai coraggiosi che ormai non chiedono più niente, e conducono questa nave anche se la rotta è la deriva.

l'importante è esserne tutti consapevoli.

scusa se parlo per metafore, scusa se intreccio la trama e da un filo ti porto un arabesco.
ma la vita, così come ce la confezionano, non mi piace.
i fatti li vivo, ma la cronaca non la voglio.
sapori amari, o insipidi, o bruciati.

se non mi condisci un po' la realtà, io non la mangio.

lunedì 21 giugno 2010

fiori di vetro.

il mio cane mi buca le mani mentre parliamo di progetti a brevi termine.
noi l'estate non la calcoliamo neanche, l'estate dura il tempo di dieci libri, o tre mattonate.
dopo che avrai letto proust -ma sei sicura che sia già il momento?- dopo che avrai letto proust, dicevo, sarà già di nuovo freddo e la tua pelle bianca si ritroverà a suo agio mimetizzata nella città.
ora ci separiamo solo qualche attimo, il tempo di cambiare delle cattive abitudini con delle altre più a buon mercato. tu sei la donna del giovane cantante che urla, e solo tu conosci la tua fatica e la tua pazienza. io mi sono trovata tra le braccia un mercante di seta e di drappi, mentre correvo dietro al cantautore e scrivevo frasi d'amore sui sottobicchieri. poesie come tagliole nel bosco.

ci sediamo sulla mia terrazza fiorita, e parliamo come se fumassimo sigarette. contemplazione e silenzio. guardami, è qui che annaffio i fiori e tengo lontane le emozioni.
ti dico che questa casa è molto bella e ci verrà molta gente.
vorrei che veniste tutti.
venite tutti.

poi in un secondo sentire il mondo scricchiolare, tutto l'allarme di questo pianeta chiaro dentro. l'urlo di mille voci, il mosaico di un milione di disastri, il pugno sul lobo.
dura un brivido e il muscolo si decontrae.

siamo sul titanic, a ballare in prima classe.

mentre io compongo quadri e tu elogi le mie lampade, dici che il bello ci salverà.
lo so. curo i dettagli.
tutto è inutile, ma niente è irrilevante.

venerdì 11 giugno 2010

piazza castello.

e così torno.
ciao occhi gentili.
le mie pupille sono grigio antracite, ho caldo.
salti mortali, evoluzioni aeree, sbandamenti di orbita.
in questo silenzio sono passata da tokyo a san paolo, da shanghai a rio de janeiro.
ping pong sull'emisfero per ricadergli tra le braccia nel centro di milano.

nella casa nuova oggi ho portato tutti i libri e le piante.
sono le prime piume nel nido.
domani i dischi.
i vecchi 78 giri del nonno sono la morfina per l'anima.
ho pianto e gridato come un'adolescente isterica davanti a una boy band.
che sfigata.
devo esserti sembrata eccessiva, e non hai parlato per un po'.
mentre scartavi i piatti io continuavo a piangere davanti al grammofono.
dio mio, ma cosa vuoi che ci faccia?
ho sbagliato epoca, non appartengo a questa storia.
è questo charleston graffiato dalla puntina la mia sigla.

comunque ti abitui alle mie stravanganze intime.
ti piace il fatto che nessuno sappia niente, e che da fuori io sia controllatissima.
poi sulla mensola nessuna foto e niente quadri.
quattro lettere di acciaio enormi.
una c, una a, una n e una e.

e noi zitti a guardare, il mondo che mi sto creando.