martedì 28 settembre 2021

Cenni storici, esercizi di tragicità.

Cammino al fianco del mio cane vecchio, nei passi spolpati di carne, gonfi delle nostre ombre.

Va così piano.

Lo guardo e vedo l'antico maestro, l'oracolo benevolo, il divino battito. Non ci lega più la convenzione di un guinzaglio. 

Tu mi sei un dio stanco, e io ti sono vestale devota. 

Se solo sapessi. Ho passato tutti questi anni a cercare di meritarti.

Rimbomba nel mio respiro la benedizione del suo sguardo, ogni suo passo è un tonfo sordo, sasso nel pozzo dello sterno, singhiozzo di granito ingoiato.
Sono i colpi cadenzati dei tamburi di guerra, ai confini di un impero che non posso più difendere.

Non sono degna della sua lentezza, non sono degna di tutto questo dolore.

Mi chino e lo sfioro. Mentre chiudo gli occhi e non voglio sapere, so che sta arrivando.


Soccombere ancora.



Come mammifero, come pianeta, come carta velina su cadavere gelido, tu hai visto.

Entri in scena come filo di seta tra schegge di vetro, balzo di gatto, cifra tonda, richiamo animale, tagliola nel bosco.
Arrivi al mio perimetro di filo spinato con parole di cipria e corallo, esca di miele, gioco di specchi.
Carezze efferate. 
Sibilo di tempesta su dorsale di monte di cui ora prendi le misure, e scavi a mani nude la tua trincea del tutto e subito. 
Invasore senza monumento. Breve vittoria, nostra disfatta.

Ti inchini da vincitore.

Detonazioni nel ventre di pietra della mia fortezza,
tu artificiere esperto, minatore incauto.
La lava bianca.
Falda negata che ora cola sui bordi impenitenti della tua arroganza.

Ti abbeveri.

Il massacro degli intenti, in ginocchio alla sorgente dell'assoluto e del nulla, la saliva come rugiada su cavi elettrici, i miei nervi come corde di pianoforte, alta tensione che sibila nella nebbia.


Nell’attimo di caos massimo dell’universo
mentre io faccio finta di dormire.

Non mi proteggi.

Sono una cattedrale sotto bombardamento. 
Al bivio della mia pazzia, nella mano a conca costudisco scaglie di stelle per attutire i colpi, ma le guardo e tremo.

Nelle mie tragedie, tu Icaro al contrario.
Chi ti aiuterà a rialzarti, quando le tue ali saranno imbrattate del catrame dei miei abissi, che tanto osanni?
Come vibrazione di falena alla sorgente del buio, nessuno si salva.


Che la pena ti sia clemente.