sabato 27 giugno 2009

ricapitolando.

fra un paio di giorni vado dall'altra parte del mondo.
sì, è vero. sono avvezza a viaggi ben più lontani e impegnativi, ma questa volta mi porto dietro anche il corpo.
quindi, la valigia sul letto.
l'importante non è quello che metti dentro, ma quello che riesci a lasciare.

la mia fame di input.
nel giro di ventiquattro ore sono passata dai bassifondi più luridi di milano ai più disperati quartieri alti.
ho bevuto quando mi passavano la bottiglia, con la stessa faccia da una moretti da 66 fino a una magnum di krug.
ho solcato il buio, sono scivolata ai bordi del vostro campo visivo, ero un passo dietro di voi.
non ho intravisto felicità.
tra evasi e evasori, pregiudicati e corrotti, schiavi del traffico e trafficanti di schiavi.

milano cosa vuoi dirmi? milano cosa stai cercando di insegnarmi?
la verità con la v maiscola non esiste.
come diceva habermas, quel che possiamo fare è avere con noi stessi una conversazione che abbia senso.

gli onesti mi annoiano. lo stagno del politically correct.
degli onesti ho bisogno. ho un emisfero anarchico e uno nazista e tanto bisogno di mia mamma.

conosco tutti. sto con tutti. vi parlo, vi intrattengo, vi lascio un'ottima impressione.
vi voglio anche bene, davvero.
ma quanto mi sento sola. se voi solo sapeste per un attimo fugace di consapevolezza, quanto mi sento sola.
la solitudine è il prezzo della grandezza, diceva qualcuno.
ma io resto sospesa a millantare.
io non ho ancora fatto niente.
in ventiquattro anni di vita ho allestito la vetrina più accattivante ma non ho mai aperto il negozio.
mi chiedo: il talento in potenza e non in atto, si può ancora chiamare talento?

e in tutto ciò, mi licenzio da una vita che non mi appartiene con le sue parole che mi dicono: le suore non sono più quelle che ti impediscono di disegnare le stelle colorate, piccolo enimol, le suore da temere adesso sono quelle che ti fanno credere che tutto questo schifo inutile sia qualcosa di figo, per cui ne valga la pena.

ricapitolare, come tirare le somme.
ricapitolare, come riarrendersi al nemico, cedere completamente agli argomenti o alle insistenze altrui.

la valigia sul letto, a bocca aperta.
vorrei lasciarla vuota e farmi sequestrare tutto il contenuto in dogana.

(e complimenti a te che mi hai riconosciuto)

domenica 21 giugno 2009

uomini e cani.

le caratteristiche del suicidio: intenzionalità, consapevolezza, finalità suicida del gesto.
che, à mon avis, sono le stesse del venirti a cercare nel tuo quartiere per dirti che esiste la possibilità che io ti ami.

tutto ciò, dopo essere stata a brera ed esserne uscita con il mal di testa storico. a pulirmi la testa dai martiri, dalle crocefissioni e dalle bastonate agli asini sullo sfondo ci ho messo milano.

che poi andare a le trecca è uguale.

uguale identico.






sabato 20 giugno 2009

qualcuno volò sul nido della quaglia.

la paroxetina, i giorni della paroxetina.
vivevamo in questa casa di ringhiera.
io ero paziente da una vita.

antidepressivi: possono essere divisi in tre classi, prima seconda terza generazione. agiscono sulla noradrenalina, serotonina aka 5ht.
inibiscimi sto enzima, bastonalo, prendilo a sprangate. azione irreversibile.
ci vorranno cinque giorni prima che mi riaccorga di me.
e delle mie disfunzioni sessuali non mi interessa, tanto non scopo da cinque mesi, non mi accorgerei della differenza.
mi ostracizzo. la mia persona troppo brava e intelligente per vivere con me.
mandata in esilio da quelli di terza generazione, quelli selettivi, precisi, gli ssri, inibitori selettivi della ricaptazione della setonina, la pa-ro-xe-ti-na. tutti attivi nei distubi depressivo maggiore, disturbi manico depressivi, ossessivi compulsivi, disturbo da attacco di panico.
snri, tra cui la duloxetina, se sai che il paziente è inaffidabile e sciocco, e non se lo prende tutti i giorni come un'ostia.
antipsicotico nuerolettico, ansiolitico calmante.
agiscono sulla dopamina.

sedativo ipnotici. il barbiturico vintage, non lo prendo per non andare in coma, troppo simile alla città da dove vengo, fanculo che ci torno.
i love benzodiazepine: agonisti totali, si legano al sito a del gaba e favoriscono la corrente del cloro. un farmaco che inibisce l'ansia. quella ragionevole reazione ipercinetica a un evento che viene ritenuto pericoloso per la vita umana.
cervello, il successo e l'appagamento e il riconoscimento non fanno parte dei pericoli atavici.
alterazione stato di coscienza. è un effetto collaterale.
insonnia rebound, detta anche insonnia rinculo. mo stai sveglia tutta notte a pensare chi cazzo volevi dimenticarti di essere.
stabilizzanti dell'umore, il litio e l'acido valproico aka valproato sodico. attenzione all'aumento notevole di peso. a noi ci piace essere scheletri di aspartame e firme.
una controindicazione non è un effetto collaterale.
è un avvertenza, non un rischio, dai.

vivo in tso.
art. 32 della costituzione italiana.
io è da ventiquattro anni che vivo da rotary club e infrango l'art. 5 del codice civile.
23 maggio 1978. legge basaglia, chiudetemi fuori da me.
proteggete la collettività. sto buona mamma. sto buona e non disegno più i dinosauri nel paradiso terrestre, da quando la suora ti ha mandato a chiamare.
ma rifiuto le cure, rifiuto di sposarmi, rifiuto di piacervi.

e non vi parlo.
personalità: condizione psicologica che influenza il modo in cui l'individuo pensa e percepisce se stesso e l'ambiente circostante. carattere stabile, difficilmente modificabile e il più delle volte inconsapevole, e condiziona le relazioni sociali.
i disturbi della personalità. il blocco della fase orale l'ho superato bene, lui può testimoniare.
relazioni simbiotiche. stadio di separazione e individualizzazione. mi manchi prima ancora di averti f.b.
capacità di posticipare la gratificazione, mediata dalla noradrenalina.
evitamento del danno, produzione di adrenalina.
il tuo avo evitava lo smilodonte ed era felice.
tu ti rivesti un attimo prima che lei rientra e liberi lo stesso neutrasmettitore.

io ho studiato letteratura. sia chiaro.

milano, via valenza 17.
portate la vostra stravaganza, la vostra labilità emotiva e i vostri adorabili comportamenti inadeguati.
citofonate quaglia e preparatevi all'elettoshock.

venerdì 19 giugno 2009

douce amère. dédié à mes hommes l.m. et f.b.

douce amère.
oh, régarde: on parle de ta vie.

à toi, qui tu es le passé qui ne passe pas et à toi meme, le future sans future.

ma toque borsalino, milan 1909.
mon frac, paris 1958.
les chaussures de londres, 1930, si je ne me trompe pas.

ainsi tu vais me voir.
et sur ma peau, ton désir et serge lutens.

je suis à vous.

giovedì 18 giugno 2009

la bandiera bianca.

i miei silenzi ti lasciano ampi margini all'immaginazione. alla disperazione. 
struggersi, perché viverlo non è abbastanza.

io più che tenervi lontani non posso.
smettete di leggere adesso.
ci sono altri posti in cui so, posso farvi stare meglio di chiunque altro.

dirti chi sono.
fottiti.

(ho più rimpianti che anni. 
ho dimestichezza nella sconfitta, nel dubbio, nel conflitto.
non sono niente di quello che vedi.

vendo. 
vivo per tre quarti nella mia testa.
non vi voglio intorno, non riesco a vivere senza di voi.
nec tecum nec sine te.

ho provato a ignorarmi.
ho provato a vivere come quelle delle mia età.
ho provato, ve lo giuro, e stare serena.
uscire a cena, amore mio tu cosa prendi? la passeggiata, il divano la televisione il sesso.
la macchina bella, la macchina brutta, i locali dello status quo.
ho seguito il trend del momento, ho anticipato la tendenza, ho reinterpretato una sensazione.
religione, politica, musica, arte, grande città, piccolo borgo.
gente, non gente.
le mie tre certezze le ho qui, insieme ai sessanta chili di superfluo esistere.
per me il centro di gravità permanente sarà una tomba.)

io che in questa vita volevo solo essere utile.
e stare male senza sporcare in giro.
andate via, lasciatemi in guerra.

solennità. lentezza. concentrazione.




e ti bacio come mangio un bignè dopo un anno di dieta.




mercoledì 17 giugno 2009

il giorno in cui abbiamo perso gli occhi della nonna.

sulle tue ciglia, suono quel piccolo passaggio che so fare con il pianoforte.
tu non ti svegli, ma sorridi.
mi basta come colazione.

mi alzo inciampando nei sogni interrotti, non siamo alla tua casa al mare, e il livido che mi verrà sul fianco me lo ricorderà per giorni.
seguo le mie traiettorie oniriche al benbuio, per non svegliare te. per non svegliare me.

chiudo il tuo odore nel pugno.
bevo l'acqua dalla doccia. 
non mi saluto allo specchio, lascio che siate voi tutti a prendervi cura di me.

mentre guadagno il naviglio sulla mia bici riflessa, mi sento in debito.
tutto quello che mi manca è qui dentro da qualche parte e sale come una preghiera in una cattedrale abbandonata, come il richiamo del superstite sotto la polvere ormai ferma, come l'inno del tuo paese portato dal vento, nel campo dell'esilio.
mi fermo. 
l'allarme del respiro profondo, dei denti affondati nel labbro sotto.
l'improvvisa emergenza.

mi sento come se dovessi piangere, e nemmeno mi ricordo come si fa.

mi sforzo di ricordare la voce di mia nonna.
come quando diceva: lassia fare. 
lassia fare.

è bastata la distrazione di una generazione per perdere i suoi occhi.


domenica 14 giugno 2009

flamingo lovers.

sei sopraggiunto, cinque secondi esatti prima che mi sarei svegliata, per dirmelo senza lasciarmi modo di porre obiezioni.

non sposarti nel frattempo, e non farti cogliere impreparata.

amore mio.
io che ho incominciato ad amare la probabilità di amarti fin dal primo istante che ci siamo guardati.
io che non sapevo nemmeno chi fossi, e non lo so nemmeno ora che so tutto di te.
io che vivo per queste porcate letterarie, e tu che mi fai stare bene con un riflesso di occhiale.

saprei già dove portarti.
ho le amiche giuste che mi sussurrano all'orecchio.

se fossimo già insieme, ora sarei un po' più sudata e stanca.
mi starei alzando da questo letto per andare a prenderti dell'acqua e tornerei dalla cucina con un pompelmo rosa sbucciato e sfettato per te, su un pezzo di scottex.
poi, sdraiati, ti farei notare che la polvere di camera mia è indaco.

ti piacerà.

almeno quanto piace a me aspettarti, mentre tutto si rimescola.

giovedì 11 giugno 2009

tre caselle avanti, fermi un turno.

io ho bisogno di voi.


come dei ciechi che descrivono l'elefante.


alle iniziali tatuate.

gli undici sinonimi di filosofia.

vita avara, guarda e impara
vita amara, fermo e spara.

schiaccia bene l'idrolitina con la tua diners nera, e passami il dollaro.
cosa abbiamo oggi sulla carta del torto? abbastanza scelta da saziarci e averne la nausea.
mi salva un retroscena di battiato avanguardista, una corda di iuta a cui mi annodo le mani.

mi vizio con il pensiero della nostra probabilità.
ora comincerò a pensare solo a te, e presto o tardi ci rincontreremo.
intanto scrivo una canzone, per non presentarmi a te a mani vuote.
fai lo stesso anche tu.

schiuma alla bocca, stavolta l'abbiamo fatta grossa.
ave maria, prega per noi peccatori.
le istruzioni dicono di agitare bene, e in due minuti il nostro cervello sarà perfettamente liquido e pronto da bere.

mercoledì 10 giugno 2009

non vi parlo dell'amarezza, ma dei bachi da seta impigliati.

oggi sono stanca.
non vi trattengo con i perché. vi lascio liberi dalle mie sabbie mobili. vi risparmio l'amarezza.
solo, sappiatelo se mi scorgete trascinarmi immobile per le mie traiettorie. 
sappiatelo prima che vi avviciniate: non costringetemi alla fatica del sorriso.
sappiatelo prima che vi venga da chiedermelo, e poi devo spolverarvi dall'opacità che si deposita.

nella testa, i bachi da seta continuano a tessere.
drappi di pensieri cangianti arrotolati su se stessi.
chilometri di stropicciate elucubrazioni ammassate per colore.
il cervello avvolto nel bozzolo, pronto per essere buttato nell'acqua bollente.

dallo strappo dei blue jeans, il mio culo vi sorride.
buona visione.

domenica 7 giugno 2009

baciarsi senza pietà. un timbro.

parlarti con le labbra attaccate ai tuoi capelli, con la scusa del rumore e della gente troppo alta.
la polvere che non si toglie, granelli di nervoso tra i miei occhi e le mie foto sempre troppo buie.
sul treno il bottone incontra l'asola, una confortante complicità naturale, una sgomenta conferma che è l'ora di fare.
non esiste provare, esiste il fare e il non fare.

puntini sulla carta, puntini come funghi dopo il temporale, e io devo solo collegarli con la penna.
tutto il fastidio che ancora provo lo smaltisco in denti consumati e sopracciaglia a pezzi.
i dolori delle vite degli altri, della mancanza di amore, amore dico, di quello che serve per forza. mia mamma bambina che a otto anni cercava negli armadi i documenti della sua adozione. il mondo imperfetto, l'incapacità di gestirsi oltre le funzioni vitali, gli abusi di sufficienza.
mi vedo ricoperta di insetti e insulti, mi vedo avvolta nell'oro, mi sto perdendo in un altro colloquio di lavoro, ci sono troppe scelte tra le cose da non fare.
mi fa schifo tutto, a quest'ora della notte.


l'elogio della mediocrità.





smetterò anche di scrivere prima o poi.

sabato 6 giugno 2009

per te sarò pavone, io che naqui merlo.

i sismi lunari. il nostro satellite scosso continuamente da terremoti, per scrollarsi di dosso le pene d'amore e le impronte degli astronauti. nessuno ha mai pensato che per la luna tutto questo ammorbo sia vagamente insostenibile. e così, si sta allontanando di un centimento e mezzo a ogni nostra distrazione.

glielo stavo raccontando a bordo del lago, quando la grandine ci colse di sorpresa.

una collana di conchiglie, un filo di erba in bocca, tutto il caos di questo pianeta.

eravamo entrambe concentrate a non dare soddisfazione alla pioggia, fingendo di non accorgerci di lei.
l'attacco della grandine, però, fu improvviso e violento. ci mitragliò la testa con tutti i pensieri dentro. una lapidazione esemplare alla nostra disinvolta superbia.

mentre l'abbracciavo e le facevo da scudo, pensai ai coniglietti dell'aeroporto charles de gaulle. chissà come la passavano in quel momento. chissà coma gestivano il peso dell'onore di essere gli unici testimoni della mia fuga segreta.
noi animali curiosi, che zampettiamo su piste non nostre beffandoci delle torri di controllo.

in tedesco il merlo si chiama schwarzdrossel ma anche amsel.
che soddisfazione.

io che non volo aquila, io che non volteggio airone, io che non viaggio colombo.
ma per te sarò pavone, io che nacqui merlo.

e della filosofia del merlo le parlai sulla via del ritorno, mentre su una distesa di ghiaccio contavamo i nostri passi croccanti.

venerdì 5 giugno 2009

gardénia.

il mondo spinto in gola troppo duro da ingoiare.
palliativi e sollievi temporanei, per sopportare.

hanno pulito le strisce di sangue dal passante a lancetti, e dei resti della violenza non ne serbi traccia neanche tu, che l'hai vissuta come cronaca.
ti invidio. ti fai scivolare sempre tutto addosso, vivi meglio tu di me, questo è certo.
l'empatia e il pensiero sono due fregature storiche.
fanno bene fuori, fanno male dentro.

lui fin dai primi tempi mi scrisse: sei la persona più intelligente e sensibile che io abbia mai incontrato.
io: grazie dei complimenti.
e lui: intelligenza e sensibilità non sono complimenti, sono condanne.

era molto triste.
l'amarezza della consapevolezza del mondo.
siamo in pochi, e se voi non capite, tanto meglio.
davvero.
non c'è assolutamente niente da invidiare, qui.

e a te che vivi leggero, e mi dici che forse mi piace stare male, sorrido.
e ti faccio credere che mi basti davvero andare da chanel e ascoltare attentamente la genesi dei profumi da duecento euro. ti faccio credere che il mio umore migliori con una spruzzata di gardénia. ti faccio credere che sono audrey hepburn che scaccia le paturnie da tiffany.

ti proteggo da quello che è troppo grande da accettare.
ti proteggo da quello che non capisci.
ti proteggo da me.

è tutto ciò che posso fare.

mercoledì 3 giugno 2009

di universo vestita.

aveva un piccolo proiettore del planetario. a luci spente, riproduceva la volta celeste sul soffitto.
lui lo prese e glielo puntò addosso. 
lei si ritrovò vestita di solo universo. 

(amo l'inverno. condizione di silenzio e pulizia, eleganza e compostezza.
il freddo conserva e dà forma ai sospiri. induce alla vicinanza e al raccoglimento.
l'intimità di un camino, la pelle da guadagnare, sotto gli stati di lana e brividi.)

il sistema solare sulla sua pancia, attorno al buco nero del suo ombelico.
le costellazioni incastrate ai capelli, le galassie distorte dalle sue forme.
sirio e vega a palpebre socchiuse, univa i puntini di pegaso sul dorso della sua mano.
poi lui oscillò lentamente il proiettore, e cominciò ad accarezzarla con la via lattea. 

(mi rimane di te un abbraccio nervoso, e le tue dita passate tra i miei capelli glassati di brina.
sferzate di orgoglio a tagliarci la faccia. chilometri di iceberg tra le nostre bocche mute.)

quando lui si avvicinò, lei era sotto il segno del capricorno.
e per una volta nella vita, non ne subì minimamente gli influssi.



lunedì 1 giugno 2009

il cuore è una frattaglia.

-la cosa che mi lascia più amareggiata di tutta questa sporca faccenda- diceva lei mentre tagliava il grosso cuore a fettine sottili -è che nessuno, me compresa forse, ha creduto mai nel mio talento. nessuno che mi abbia mai spinto a disegnare, spronato a fotografare, incitato a scrivere. è da quando ero bambina che ricevevo complimenti e apprezzamenti e basta. insomma, mai nessuno che si sia sporto un po' in avanti, che mi abbia dato una spinta per fare di più-.
io guardavo alternativamente il cuore sminuzzato sul tagliere e le sue poche opere appese alla parete, per le quali dovevo riconoscere di provare una certa ammirazione.
-così mi sono sempre trovata in bilico tra la mia scarsa autostima e il mio bisogno di esprimermi, in un perenne oscillare tra creare e distruggere, mostrare e nascondere. che dici, ci fidiamo a darglielo crudo o lo passo un attimo sul fuoco?-
la guardavo: era ancora molto bella. la sua era una bellezza classica, antica, che non apparteneva alla sua epoca. una bellezza che il tempo aveva amalgamato alla sensualità della sue parole, al fascino dei suoi gesti esperti nel maneggiare la vita.

cotto è meglio, ho risposto.
quanto costa un cuore, ho domandato.

-meno di quanto si pensi- ha sussurrato lei, lasciando scivolare i pezzi in una padella. -anche perchè, come insegna il reparto macelleria, il cuore è una frattaglia.-

ho annuito.
l'ho guardata, ho guardato le foto.

il cane, seduto tra le mie gambe, deglutiva rumorosamente e mugulava la sua impazienza.