martedì 4 gennaio 2011

sciogliti i capelli, sei in patagonia.

vorrei aver vissuto il giorno prima delle cose.
mi immagino sempre il giorno prima degli eventi.
come il 10 settembre a new york, il 5 agosto a hiroshima, il 26 novembre a casa mia.
cose così.
camminare inconsapevole e provare a sentire se si avverte nell'aria la vibrazione, la tensione della storia che cambia.
qualcosa deve pur esserci.

non c'entra niente, è un pensiero fuori luogo, dev'essere colpa di quello che mi hanno appena detto.
tipo che la tierra del fuego si chiama così per via dei fuochi accesi dagli sciamani per avvisarsi tra loro, quando si sono resi conto che stava accadendo qualcosa di mai visto.
il giorno prima che la nave vede la terra e la terra scopre la nave.

così ora siamo alla fine del mondo.
stiamo risalendo questo canale irritato, tra gli ultimi lembi di terra. lo stesso dei conquistatori, degli invasori.

siamo in barca e tu mi tieni per un'anca e una spalla. hai paura che cada giù dallo scafo, e l'ipotermia arriverebbe prima del salvagente. e poi la nostra guida ti ha detto che i granchi qui mangiano qualsiasi genere di cadavere in meno di un giorno.
noi ci siamo mangiati un paio di granchi a testa ieri notte.
quattro a zero per la nostra specie.

quello che vediamo è un po' familiare e un po' inumano.
abbiamo dei punti riferimento, sappiamo dare il nome alle cose, eppure è come se gli elementi fossero moltiplicati per se stessi, l'acqua è più acqua, il cielo è più cielo.
non lo saprei spiegare, nemmeno il mio obiettivo nikkor riesce a starci dietro.

cormorani meduse balene in lontananza.
leoni marini a mezzo metro da noi.
l'indigeno ci spiega che ogni maschio ha il suo harem, e che ucciderà ogni cucciolo maschio delle sue compagne.
poi ci indica una femmina in disparte che tiene lontani tutti, fa dei versi terribili, fa venire i brividi.
è straziante.
mi dici che la natura è crudele, ti dico che non me ne frega un cazzo, se quei cinque quintali di merda si avvicinano al cucciolo io scendo da qui e lo stordisco a colpi di macchina fotografica, tu prendi il piccolo, rassicura la madre che lo nutriremo correttamente e provvederemo alla sua istruzione.
nessuno ammazza nessuno davanti a me.

la mia giornata è rovinata, e le acque sono sempre più irrequiete.
ho la nausea da labbra viola contratte.
ci avviciniamo all'antartide, passiamo il faro, ultimo vessillo umano.
cerchi di distrarmi parlandomi di pirati, esploratori, sciamani e mappe del cinquecento.

mentre sotto i nostri piedi i due oceani si incontrano, ci abbracciamo anche noi.
tu mi baci.
io vomito.

(davanti al ghiacciaio che avanza e cade, ieri, mi hai detto la cosa più bella che io abbia mai sentito.)