martedì 21 dicembre 2010

volevo solo pronunciarti.

ci veniamo incontro accelerando e frenando, divisi tra fretta e paura, come le macchine agli incroci di notte, quando il semaforo è giallo lampeggiante.
che stamattina ti ho visto ma non ho potuto sorriderti, perché il freddo mi strappava le labbra.
e tu vieni a parlarmi per allontanarmi. è un controsenso, è un ossimoro di intenti.
sei un'esca che dissuade, una calamita con i poli fusi insieme.
come quando ho sognato che mi sdraiavo su di te e ti dicevo no.
questo siamo, un'impossibilità possibile.
non so cosa fare con te, davvero.

io che volevo solo pronunciarti.
tenere il tuo nome in bocca come se fosse una cosa mia, una cosa naturale, che mi apparteneva come i denti, come la lingua, il palato.
poterti dire, doverti dire.
pronunciarti. come una qualsiasi parola della mia lingua.


mentre io e lui ci avvolgiamo nelle lenzuola metalliche, le mie lenzuola di lamiera, siamo bozzoli nelle coperte, crisalidi al contrario, ci addormentiamo farfalle e ci svegliamo vermi.
tra gli incubi e l'insonnia mi dice che non sa più cosa scegliere.
e io gli dico, resta sveglio che ci sono io.
e lui mi dice, tu ci sei anche dall'altra parte.
mi fissa senza vedermi.
eppure aveva gli occhi che mi lasciavano bruciature di sigaretta.
era l'uomo che intaccava le mie nevi perenni, e ora sta passando e non ha raccolto niente.

che dovremmo vivere per qualche tempo in due paesi diversi, e amarci tramite i corpi di estranei.
metterci un oceano di mezzo, che se un giorno ci venisse voglia di piangerci sapremmo dove buttare le lacrime per non farci scoprire.



ma io non sono come te, amore mio, io non ho difese.
sono una scrittrice, sono un calamaro.
la mia unica arma è l'inchiostro.
l'inchiostro e la fuga.