mercoledì 25 novembre 2009

un timone per cercare la rotta via.

è un mondo di merda e biscotti, una giungla di asfalto e lenzuola.
una lista di cose da fare a occhi chiusi, noi dormienti.
una tosse di lana, occhi incollati negli occhi, senza vergogna, senza contegno, senza pudore.
mi è bastato salire, e con tutti gli sconosciuti del tram, ho fatto l'amore.

che arrogante che sono. che egoista, carnefice.

ma quando ti bacio anche i denti sono di troppo.
e nelle foto mi dici le labbra sono più belle se socchiuse e la tua voce è più bella in silenzio.


claudia mi ha portato da parigi un timone per le mie burrasche.

domenica 22 novembre 2009

tensione deliziosa contro novembre nella testa.

per averti scorto dalla vetrina dei dolci, peccato della carne tra i peccati di gola.
aver contato quante tazze c'erano sul tavolo prima di avvicinarmi.
e averti fatto un agguato alle spalle, la prima scusa per toccarti.
poi per le ovvietà balbettate, per le osservazioni sul meteo, per le dita che cominciano a tormentare la gazzetta.

per esserci seduti insieme e aver ordinato la stessa cosa.
aver vangato anche tu tra l'imbarazzo, cercando il mio sentiero.
e gli sguardi bassi sui cucchiai, sulle venature del tavolo, sui bordi delle tazze.
per come cazzo la mano ti tremava quando mi hai passato la bustina di zucchero.

e via, anche per la chiamata della tua fidanzata, che ci ha rimesso a posto come l'entrata della maestra in classe.
per averti sentito dirle la verità, e chiamarla amore.
per come le hai parlato, e per come le hai appeso.
per il sorriso che hai fatto dopo, e per il pezzo di strada in più accompagnandomi.

che ho tolto la giacca appena dopo l'angolo e mi sono fatta aria con la repubblica fino a casa.
che ho ringraziato madonne e santi e animali della fattoria.
che mi rifacevo la cronaca dell'incontro con i mamma mia come congiunzioni.

per questa tensione deliziosa.
solo per questa tensione deliziosa è valsa la pena smettere di leggere, alzarsi dal letto, e affrontare il catrame di novembre in questa domenicadi nero e nulla.


giovedì 19 novembre 2009

milano, via vincenzo monti.

e così ho visto ultimo tango a parigi e mi sembrava la versione per l'infanzia del nostro ultimo giro di valzer a new york.
ci siamo spaccati che in più parti non era possibile, come il mio vizio di frantumare il guscio dell'uovo fino a quando diventa polvere e mia mamma me lo porta via -che va che casino hai fatto.
non ho più una faccia, una dimensione.
cerco lavoro non sapendo esattamente cosa offro io.
tipo che potrei mettermi a tirare tutti i bignè all'improvviso.
o dare tutti i soldi della cassa come resto a chi mi paga un caffè.
sarebbe divertente.
avrei qualcosa da raccontarvi, alla sera.

è che tutto va bene finché qualche pensiero non si appoggia sull'interruttore della luce.
e lì c'è il black-out, c'è il buio improvviso. c'è un po' d'ansia, un po' di mostri, un po' di te.

e hai voglia a prendere la torcia dei respiri calmi e profondi.

milano, via vincenzo monti, il tacco nella rotaia del tram, il tram che arriva.
e se non mi sposto?
e se non mi sposto...

salvata da un vecchietto di passaggio.
sollevata di peso come una statua in bilico.
un corpo novantenne, la forza di chi non è ancora sceso dal ring con la vita.
due guerre mondiali alle spalle e una inconsapevole tra le braccia.

domenica 15 novembre 2009

conca di parole potabili. utero narrativo.

giornate troppo vuote per aver ventanni.
giornate da ospizio, grazie a dio non ho la televisione in casa ad aumentare la percezione della solitudine.
giornate di novembre in cui vorrei gli amici che ancora non conosco.

che mi salva il credito esaurito dal chiamare una mediocre compagnia.
che mi salva l'estetista con l'influenza dal cercare te per un sesso breve.
giornate da fare i conti con gli specchi e con il proprio carattere.

quando i difetti diventano abitudini.
quando la pigrizia diventa indolenza.
quando la noia diventa quotidianità.

mi devo arrangiare.
vado a vedere nei recessi della testa se trovo dei personaggi che mi intrattengano un po'.
scrivo qualcosa di carino da leggermi stasera.
e scrivo per me, non chiedermi di farti leggere.

per favore.



venerdì 13 novembre 2009

liturgie allo specchio.

senza contatti.
porto con rassegnato orgoglio il mio stendardo di fallimento. perché non provarci nemmeno è perdere in partenza.
con tutte le ciglia sbattute invano, tergicristalli che stridono sul vetro secco.
le pareti macchiate di sospiri, mura porose sature di vapore umano.
pezzi di pelle sotto le unghie, incastreranno l'assassino.
non ti preoccupare, amore mio. ti scagiono io. mentre lustri i tuoi stemmi, accarezzi le tue donne, giri le chiavi di casa con l'enfasi del taglio del nastro.
oggi sciolgo il nodo, oggi tolgo il velo.
perché oggi trema la casa.

hai paura di ottenere ciò che vuoi?

non ti vedo, non so dove sei, siedo nello sgabello all'angolo del locale e guardo solo la porta.
perché non ho niente da fare, per battere sui tasti, per fare male -malissimo- a un foglio. non per aspettarti, nemmeno più.
quando ho lasciato il lago, avevo una borsa piena di vestiti e libri. in parti uguali.
una bottiglia d'acqua e la chitarra.
che poi ho venduto per comprarti il regalo di compleanno.
che tu hai venduto per ricomprarmi la chitarra.

il nostro amarci impacciato ci è costato cento euro di rincaro e cento giorni di vita.

mercoledì 11 novembre 2009

giro come un vinile.

io.
che vado a comprare il giornale nell'edicola sotto casa tua, nonostante si trovi esattamente dall'altra parte di milano.
che riesco a mappare i tuoi spostamenti senza pedinarti.
che ti lascio scoprirmi a piccole coincidenze, entrare nel tuo campo visivo a piccoli bocconi non ricucibili tra loro.
così che ti abitui a vedermi e ti sarò stranamente familiare quando finalmente (dio vorrà) in qualche modo ci presenteremo.

ci futureremo.

faccio così fatica, baby, ad aspettarti.
piegare le giornate sulle ipotesi.

le speranze a cazzo.
giro come un vinile sulle speranze, e la realtà è la puntina che mi graffia.

guarda come sono ridotta.

tre battiti al minuto.
centomilledieci parole d'amore senza mai nominarlo.

lunedì 9 novembre 2009

silente.

bevemmo whisky.
quattro diversi, l'ultimo bruciò in gola.
bruciò nella pancia.bruciò gli intestini e ancora più sotto.

amo molto.
da quello che mi ricordo, una distilleria si definisce silente quando ha smesso di produrre whisky, ma che anno dopo anno continua a imbottigliare e vendere il suo whisky che sta invecchiando.
essere già chiusi ma continuare a esistere.
messaggi che arrivano solo ora da satelliti già disintegrati.
l'eco dei morti.

vorrei essere le tua donna delle pulizie.
leccare il bordo della tua tazzina da caffè.
ancora un giro.
ancora una volta.

venerdì 6 novembre 2009

dopo che ho googolato il tuo nome dopo anni per vedere se eri morto.

che bello è andare a pranzo con la vale, che mi conosce dal dodici settembre millenovecentonovantuno e non si lascia raccontare le fandonie.
ste, questo me l'hai già detto a sedici anni.
ste, questa è la stessa cazzata che facevi a diciotto.
ste, questa è una paranoia che hai da quando stavi con.
e poi, ste basta. basta. baaasta! scuotendomi, in un crescendo di voce che fa scricchiolare gli astanti dai loro tavolini.

roba che scrivo il cv senza battere ciglio.

se ci pensate un attimo, una sberla è una carezza forte.
il gesto è simile, l'amore dietro lo stesso.
solo un po' più disperato.

che bello è poi andare dai cinesi a comprare le pistole spara freccette e gli scolatortelli.
e poi chiamarsi per dirsi, la settimana prossima ci smezziamo una parrucca.
massì. oggi peso meno.


e ti scrivo che sono pronta per passare dal vino al whisky.
just show me the way to the next...
e poi ci troveremo, come va, a bere del...

ma dove siete tutti?

giovedì 5 novembre 2009

e tu dunque sei solo un bel ragazzo. e basta.

perchè non parli?

oggi lo scienziato che è in me ha fatto il culo al poeta.

gliene ha dette di tutti i colori, e io che ero uscita (sperando di incontrare uno come te), sono dovuta ritornare di corsa a casa prima che la diatriba interna desse segni all'esterno.

mi sono rintanata in camera e mi sono fatta paura da sola.
ci sono stati davvero dei brutti momenti di tensione, rischiavo quasi di parlare.

alla fine, lo scienziato è andato via lasciandoci la formula del teorema finale:
"la carestia porta all'idealizzazione che porta alla delusione che riporta alla carestia."

allora, la carestia la capiamo tutti. è questa anestesia di sentimenti, questo cassetto straripante di nulla, questo teatro dell'inconsistenza umana, questa incommestibilità di cuori.
l'idealizzazione è notoriamente fantasia mescolata alla speranza. è un velo di desiderio di ottimismo. è la glassa sulla torta, che a volte copre il bruciato. insomma, è l'arma di sopravvivenza del poeta, il suo valore. ma ora è la sua colpa. poichè coprire di fiorellini mentali il prato non fa del prato un luogo effettivamente profumato.
la delusione, infatti, è il dato rilevante. è la maledetta statistica. è la discesa dalla collina rotolando. la sveglia delle sei di mattina, la fine della musica di sottofondo. la realtà senza filtro. e la delusione riporta a inesorabilemente a.

circolo vizioso di merda.

quindi ora, la mia parte razionale ha fatto appello a quella emotiva chiedendo almeno il cessate l'arcobaleno.
la deposizione delle lenti rosa.
l'armistizio con la realtà.

praticamente, passare da depressa a rassegnata.

martedì 3 novembre 2009

marsupiali.

nella mia camera il disordine primordiale, il fermento uterino, il vociferare.

mentre mangio lenticchie dalla scatoletta, cibo per gatti che i gatti sdegnano, non riesco a mettere la mia vita su un A4.
la mia vita sta bene dov'è, su un lenzuolo a una piazza e mezza.
su una cartolina per te, su una frase scritta sul muro della tua cucina.
sui pezzi di cartone che rolli e fumi, e io mi ci scrivo.
scrivo una data e cosa ho fatto, scrivo un luogo e cosa pensavo, scrivo chi ero e cosa provavo.

te lo scrivo sui tuoi filtri, per farmi tenere tra le tue labbra.

questi sono i miei curriculum.
è così che vivo io.

andiamo a leggere.
mi trovi in centro.
offrimi un caffè.

noi, marsupiali.