domenica 20 marzo 2011

appena fuori, qui dentro.

il giappone che era un occhio pieno d'acqua, la libia una gola in fiamme.
i cieli primaverili miopi, non vedevamo gli aerei, ci fermavamo ai germogli a mezzo metro sopra di noi.
avrei voluto urlare.
camminavo con il viso indurito, come una modella in sfilata.
raccoglievo monetine per terra, bottoni, tappi di birra.
telefonavo a mia madre ogni ora, ogni volta come fosse un addio.

poi ti ho visto, e non eri nemmeno più tu. vedevo in te tutte le possibilità immaginate, i miei desideri così ingenui e adolescenti, le probabilità impossibili.
sciocchezze necessarie.
bustine di zucchero in bidoni di sabbia.

il temporale.
un temporale.
tuoni veri, lampi veri, gocce dritte e pesanti.
come me lo assaporavo il temporale, c'era profumo di bosco in cadorna.
come ce lo siamo goduti, il temporale, nella nostra veranda di lamiera e cuscini.






giovedì 17 marzo 2011

biglietto sul cuscino.

sparisco perché devo farlo -credimi, non c'è alternativa.
la solitudine è il sapone necessario per lavarsi via il mondo dell'apparenza e della futilità, le lusinghe, le voci degli altri. le informazioni.
la prima cosa che farò riaccendendo il telefono sarà chiamarti e dirti che sto bene.
poi guarderò chi mi ha cercato.
chi mi ha cercato e come l'ha fatto.
e da lì ripartirò.

(sul retro)
se ti senti sola è perché ti sei distratta.






sabato 12 marzo 2011

fragole nella grondaia, fox trot.

giardinaggio scellerato, alle sette e mezzo di mattina, a mani nude e ballerine chanel.
dopo che ho passato l'ultima notte in compagnia di paranoie di gran classe, con i miei cavalli di battaglia sempre al galoppo, tornerò povera e i francobolli non esistono più.
i francobolli che sembravano quadri alle pareti bianche delle buste, non i rettangoli logo/prezzo delle raccomandate della banca.
che alle tre ho dovuto accendere la luce, mettermi il cappello di paglia e svegliare di soprassalto il grammofono, ti prego suonami un fox trot.
e poi è finita che ho fatto il giro di tutti i dischi, e all'alba mi faceva male il polso e mi bruciavano gli occhi, ma almeno non ero scappata.

il tostapane con le sue due bocche da sfamare, ci ho piantato dentro delle rose.
e un tulipano nella caffettiera. non ci sveglieremo mai più completamente, resteremo tutto il giorno intontiti e inutili.
poi fragole ovunque, anche nella grondaia.

per fortuna che non c'eri e non potevi fermarmi.
per fortuna che non c'eri e non potevo ferirti.

la distanza di sicurezza dalla mia follia, nuoti a vista lontano dalle acque torbide, e penserai di me un atollo tropicale dei tuoi giorni migliori.

bene.

perché anche ora, adesso proprio, mentre bevo piano l'acqua che mi hai portato e tu resti a guardarmi con tutto questo amore, penso a me che mordo il bicchiere, mastico il vetro come fosse un cubetto di ghiaccio, inghiotto schegge e sangue e ti sorrido.

mercoledì 9 marzo 2011

confiteor

mi sento una casa infestata dai fantasmi.

sono una diga sul punto di esplodere,
una pelle d'insetto crepata e vuota.

eccoli, sono tutti qui dentro, li sto sentendo premere forte.
i grandi classici. i massimi sistemi. le correnti filosofiche, gli avvenimenti storici, i maestri di vita, la letteratura, la ricerca, le domande, l'innalzamento, l'idea dell'universo, la cultura, la scoperta, le lettere, la riflessione esistenziale, il superamento, il canone classico, il nuovo, l'incontaminato poetico, la memoria, i modelli, l'intelletto, la rappresentazione teatrale, l'immaginazione, la fondazione, l'illuminismo, il linguaggio, la rivoluzione, la saggezza antica, l'intelligenza, le pulsioni ataviche, il romanzo, la lungimiranza, il patrimonio della scienza, le idee dei geni, le vite dei grandi, la musica, le muse, la devozione al sapere, l'esperienza artistica, i pilastri della conoscenza, la perfezione.
le parole.
la scrittura.

come se tutto questo mi fosse entrato negli anni sotto forma di seme, e tanti semi hanno trovato terreno fertile nella mia mente per attecchire e crescere, e ci sono stati giorni immensi dove germogliavano in me, l'aspirazione massima della grandezza dell'uomo.
e ora sono fiorita dentro, ora anche io sono carica di semini.
ma ecco che qui mi sento dilaniare, mi sento male.
nell'espressione del mio contenuto sopraggiunge tutta l'inadeguatezza della mia condizione umana. misuro la mediocrità con spavento e sconforto, vedo lo scarto tra l'idea e la realtà, la mia goffaggine, la mia bassezza.
è una produzione spesso traumatica e sempre incompiuta.

è un parto che mi uccide.

perché le ovaie io ce le ho nel cervello.
se deve nascere qualcosa da me, è lì che si creerà.
ma sono tanto fertile quanto incapace.
la mia creazione, la mia espressione è una storia di lunghi travagli e mancati concepimenti.
i miei figli nascono idee e muoiono mal di testa, pensieri che prendono forma e smettono di crescere, li perdo nella loro forma embrionale e incompleta, è un costante lutto di un mancato inizio.
progetti ad occhi aperti e tentativi spietati di comunicare, di condividere, di scrivere.

è la storia della mia vita da quando ne ho coscienza.
non c'è pietà per nessuno, me compresa.
questa sofferenza che provo adesso avrà un nome o smetterà con me, quando smetterò io.





"il fiore è il dolore della radice"
manuel guerra junqueiro.