sabato 5 febbraio 2011

occhi e occhiaie dello stesso colore.

gli adesivi sui vetri, quelle etichette bianche sulle finestre delle case nuove che segnano la fine del cantiere e l'inizio dei traslochi.
le parole che non restano. e plastifico i fogli, riempio i quaderni, catalogo, imbusto, graffetto. creo il più grande archivio ufficiale della storia privata, trascrivo messaggi, copio incollo, perdo le notti per salvare le parole.
per i paleontologi del futuro, che scaveranno alla ricerca dei fossili dei nostri ti amo.
la tua collezione di aria nei barattoli, quando è caduta la mensola in camera tua, e abbiamo respirato dieci città contemporaneamente, tranne bangkok che si è salvata.
le cartoline che ci spediamo quando siamo in giro per il mondo, indirizzate a noi proprio, così quando torneremo a casa saremo felici di aprire la cassetta delle lettere, perché ci scriviamo cose bellissime e ci auguriamo di vederci presto, e chissà cosa pensa la portinaia poi.
quella frase che mi hai detto uscendo, e io non l'ho ancora capita.
e quando mi piangevi sopra e le tue lacrime mi entravano negli occhi come collirio.

la verità che sta nel silenzio e nel colore delle pillole sul comodino. perline di una collana rotta, ciondoli che hai ingoiato a uno a uno quando avevi la bocca aperta per dire qualcosa che poi non hai detto. come mia madre da bambina che mordeva la sua placchetta d'oro con incisa la madonna, ogni volta che aveva paura.
me l'ha fatta vedere da grande con tutti i segni dei morsi.
e io lì, mi son sentita morire.
ma morire, proprio.