domenica 19 dicembre 2010

del mimo e di noi.

ti racconto la storia del mimo e la tua reazione mi delude.
poco e per un attimo soltanto, come la puntura di uno spillo.
diciamo che ormai non mi fa più male.
è come se me l'aspettassi, ci provo sempre, ma lo so.
non abbiamo lo stesso genere di sensibilità, e tu ora non ti sporgi più in avanti.
la mia fatica di spiegare, la tua fatica di capire.
comunicare con te è una lotta stanca.
come due combattenti sfiniti. i gesti lenti, i colpi esausti.
barcolliamo e lasciamo cadere.


era venuta mia mamma a milano, stavamo passando in galleria.
abbiamo visto due poliziotti multare un mimo.
era scena molto forte iconograficamente.
in mezzo alla folla in movimento, le tre figure ferme.
il mimo era minuto, un ragazzino. vestito di bianco, con il viso colorato di bianco.
i poliziotti erano imponenti, seri, le loro divise scure, le pistole, i manganelli.
il mimo era sceso dal suo piedistallo, e si era rimpicciolito. chiuso nelle spalle, a testa bassa. con l'espressione più triste di qualsiasi maschera triste.

ho tirato fuori dalla borsa una banconota, una banconota grossa.
ho detto a mia mamma, aspetta almeno che si allontanino.
lei l'ha presa ed è andata, no voglio che vedano, ha risposto.


e tu mi dici che sono garantista.
e ti sento parlare di estremismo, elemosine, racket, regole di occupazione del suolo pubblico...
ma guardalo, non faceva del male a nessuno.
non importunava i tuoi preziosi turisti ai tavoli, non vendeva le tue stupide borse contraffatte, né elemosinava sbattendoti in faccia un corpo scomodo.
cosa mi stai dicendo, dove sei?
no, non volevo raccontarti una buona azione.
me ne sbatto delle buone azioni, ho mandato avanti mia madre. lascio agli altri la gloria, non è quello che mi importa.
io stavo aprendoti all'equilibrio dell'universo.
stavo cercando di farti capire cosa intendo quando ti parlo dell'armonia.
l'insieme del tutto, la concatenazione di tutte le cose.
e gli errori e gli interventi riparatori, gli sbilanciamenti e i contrappesi, le offese e le scuse.

davanti a me, avevano oltraggiato l'arte.
punito l'artista, svilito la bellezza.
io non posso passare oltre come se niente fosse.
chiamami stupida, dì che sono pazza, dì che esagero, ma una cosa del genere mi ferisce dentro.

mia mamma gli ha allungato la mano, e il ragazzino non è riuscito nemmeno a sorriderle. aveva la bocca spalancata e gli occhi sgranati, più di qualsiasi espressione teatrale.
abbiamo ripreso a camminare per milano, ascoltando l'eco di pianeti lontani riprendere le loro orbite.

amore mio, perché non capisci.