venerdì 30 ottobre 2009

sada.

l'ho deciso più o meno così.

è una giornata tiepida, milano è in pace con se stessa.
cammino per strada tenendo il bastone del mocio sulle spalle, con le mani attorno alle due estremità per non accecare i passanti.
sono andata a cercare il terriccio universale per la mia pianta, ma non l'ho trovato.
così me ne torno a casa a mani vuote, crocefissa al bastone del mocio.

fischietto, sorrido a chi sorride, ringrazio chi mi dice cose carine.
va tutto bene.
mi ripeto che va tutto bene.
mi tengo sotto controllo nei riflessi delle vetrine.
ingoio il vomito strizzando appena gli occhi.

sono quasi arrivata a casa.
passo il barista che mi fa il filo e per questo non ci vado mai.
passo l'edicola con l'ecuadoregno che mi saluta sempre.
esco dal campo visivo di tutto.

e lì il bastone del mocio cade.
cado anche io? non lo so.

dai.
non c'è un cazzo da star qui a far finta di vivere.

c'è da tremare, c'è da fare il verso del cerbiatto.
c'è che oggi è il compleanno della mia guerra.

oggi è il compleanno dell'uomo che amo.
oggi è il compleanno dell'unico uomo per cui sia valsa la pena essere nata donna.

decido di partire per sarajevo.

andare a vedere come si sopravvive a una guerra civile.
andare a vedere se è vero che si va avanti.

mi sono rialzata pensando solo a che parole sapevo in bosniaco.
zdravo, hvala, drago mi je, molim.
solite cose.
poi mi è venuto in mente sada.
sada. pronuciato con la s che ringhia.
sada. adesso.

ironia della sorte.

ho raccolto il bastone del mocio, e mi sono ricrocifissa.

giovedì 29 ottobre 2009

animale silenzio.

sono un capricorno, sono una solitaria.
sì, sto benissimo da sola, ho bisogno di stare da sola.
so che la cosa un po' ti spaventa. ti spaventa quanto sto bene con me: ti senti escluso, impotente, hai paura che io possa fare a meno di te.
ma fai bene attenzione: ho bisogno di te, eccome.
ti cerco, ti tengo, quando sono con te, sono presente.
ci sono.
quindi non temere, ma non pretendere nemmeno.

non tentare di legarmi. è con quello che offri che mi fai tornare.
non pregarmi di portarti con te. aspettami.
non mi chiedere conferme. la mia presenza è una risposta.

soprattutto ora che in questo calmo abbraccio sento avvicinarsi l'uragano.
il lutto che non voglio ammettere, la perdita da cui mi proteggo.
per quanto mi sforzo arriverà la crisi. so che non può andarmi così bene.

lui se ne è andato, e a poco a poco me ne accorgo.
la caffettiera lasciata sul fuoco, io in cucina seduta e tu che corri dal bagno.
piccoli black-out di un buio preannunciato.
quando smetto di risponderti mentre asciugo i capelli, e tu pensi sia colpa del fon.
piccole mancanze di un vuoto ben più grande.
quando mi guardo allo specchio e non vedo niente di quello che vedi tu.

niente.

niente di niente.

è che non mi perdo nel mondo, non puoi venirmi a cercare.
mi perdo in un dolore solo mio, e tu non puoi fare altro che tenere la tua mano premuta sul vetro.

mercoledì 28 ottobre 2009

piccoli.

sono contenta di essere me solo per non dovermi avere davanti.

capisco tante cose, nei rari momenti di lucidità che mi concedo.
la vostra frustrazione, la vostra invidia, il senso di inferiorità che diventa disagio, nervoso.

comunque, se può farvi stare meglio, capita anche a me.
conoscevo questa ragazza.
era molto bella, e ancora di più affascinante e magnetica, senza che si truccasse, si curasse dei vestiti, e cose così.
aveva un talento naturale per fare la cosa giusta al momento giusto, e in un modo migliore di chiunque altro.
era una fotografa eccezionale, ma non faceva praticamente niente.
qualche foto a caso, da mettere su flickr, da spedire agli amici.
lei non si impegnava, e riusciva meglio di tutti.
intorno a lei c'era sto esercito di comuni mortali che si facevano in quattro per raggiungere un livello vagamente simile al suo scatto scazzato.

creava un misto tra ammirazione e rabbia, tra desiderio di emulazione e fastidio per lo spreco del suo talento.
e averla davanti era sempre un tormento.

ti dico che la mia è solo fortuna, ma non posso scusarmi se vinco.

sabato 24 ottobre 2009

il vincitore è solo.

ho delle dipendenze di cui non vado per un cazzo fiera, e dei capelli ondulati che piacciono a tutti tranne che a me.
nella vita uno deve scegliere se essere liscio o riccio.
ma vabbè.
ho pisciato in quel bagno nero facendomi luce solo con l'ipod, e il risultato è stato vagamente disastroso perché cercavo di cambiare canzone, con la stessa mano con cui tenevo l'orlo del vestito, la borsa e il sacchetto di tamarindi.
non avevo nemmeno le auricolari, ma non riuscivo a sopportare di vedere la tua faccia di minchia, faccia da casting, faccia da cover bling bling che mi sorrideva.
con dietro il titolo della tua canzone a caratteri cubitali, titolo che è un successo, titolo che ti ho scritto io, ma vabbè.
e due.
e comunque come testimone c'era solo l'amore, e ora che se ne è andato, il caso cade in prescrizione e tu sei assolto.
the winner takes it all.
e pensare che se ne è appena andato anche l'altro.
se n'è andato da vincitore.
tutti vincitori.

oggi ho comprato tre copie dell'ultimo libro di coelho e ve le spedisco.
senza dedica, perché io regalo solo titoli.
senza firma, tanto voi saprete esattamente che sono io.

l'avete detto in tre che sono unica.


voi invece no.



stupidi.

martedì 20 ottobre 2009

il mio fidanzato è single.

"continuerò ad amarti sempre, anche se non ti vedrò mai più"
che è un po' come dire: sai, c'è una stanza tutta per te, illuminata e riscaldata da un camino accesso. ma è chiusa a chiave, quindi tu non puoi entrare. continua pure a vagare nel buio e nel freddo dell'inverno là fuori. però sappi che c'è.

ho il cervello che vomita da un paio di giorni.
da un paio d'anni.
da un paio di vite.

io sono fidanzata, lui no.
lui mi ha rovinata. ha alzato il livello sopra la media degli esseri umani, e ora son cazzi miei.
cado in disgrazia.
mi dispiace, o non ci sarò più io o ci saranno dei feriti.

per farne uno come lui, me ne servono dieci di voi.

ho solo voglia di bere, vino e sale.

adius, di piero ciampi. (a più voci, a tutto volume).

sabato 17 ottobre 2009

scrivo anche per un giorno intero se solo tu mi porti

un fiore da tenere sul tavolo.
pane ancora caldo e miele.
caffè filtrato amaro.
la coperta di cashmere.

e le tue mani fredde.
le tue mani fredde addosso.
le tue mani fredde ovunque.

giovedì 15 ottobre 2009

battimi.

un appuntamento senza saperlo.
fingere di essere sorpresa di vederti.
il cameriere versa il decimo bicchiere.

la fotografia è il nostro motivo per essere insieme.
alla pubblicità abbiamo detto basta anche se non ci conviene.
e quando tornerà lui,
saremo troppo fatti per dar la spiegazione.

conclusione.

esecuzione.


(coltiveremo l'uva spina,
ammaestrerò per te l'upupa,
e se mi chiedi di vivere normale,
giuro su dio che per te lo faccio.)

martedì 13 ottobre 2009

manhattan-pavia.

come si fa a non amarlo dopo che ti ha risposto mio padre? non so dov'è. o è al casinò o è a mignotte.
poi ha girato il sugo, la pasta che ti sta preparando, e ha aggiunto, con la stessa aria candida e innocente, a pensarci bene sarà andato a tutt'eddue.
io l'ho glassato di quel sentimento denso di affetto e calore e protezione e esclusività.
cucciolo di imperatore decaduto.
cresci mentre ti accarezzo mentalmente la testa contropelo e ti stringo a me.

ora, mi stupisco di come faccio a scrivere così ubriaca adesso.
robe che v. era giù sul lavandino e io con la mano scavavo nel suo vomito per togliere i pezzetti di cetriolini che otturavano lo scarico.
e ridevo.
e rassicuravo.

poi ho riallacciato la sua cerniera, anche. con l'umanità e la professionalità neutra di un'infermiera in india.
non c'è nessuna rappresentazione del corpo umano che possa smuovermi.
sono un segno di terra, e nella terra accolgo i corpi in decomposizione.
vomitate se state male. se vi amo, vi terrò la fronte e non avrò nessun moto di ribrezzo per voi.

pensavo a una canzone che volevo scriverti, un'altra.
ormai le canzoni che ho depositato in siae sono più dei campari che ho bevuto stasera.
tanti amore mio. troppi.
più delle tue dita ben aperte, sulle tue mani che mi arrivano addosso, per toccarmi il più possibile.

il problema è l'assenzio.
il silenzio assenzio.

cosa esisto a fare io, se non esiti tu?

siate buoni voi che mi cercate.
capitela.
non sono su questo schifo di terra per voi.

ai baci saffici.
brave, sorelle.
un giorno particolamente scontroso, cederò alle vostre morbide lusinghe.

mercoledì 7 ottobre 2009

della libertà e della sfrontatezza della mia attuale persona.

con le peggiori intenzioni, ancora.
robe che vado al centro del mondo e non porto nemmeno la nikon.
ventotto ore di viaggio per passarne la metà insieme.
ormai non tengo più il conto dei nostri raid.
e distruggiamo anche sta città, noi perversi dell'impossibile, noi dannati dalla realtà, noi terroristi dell'amour fou.

guardo il mondo fisso negli occhi e gli rido forte in faccia.

sabato 3 ottobre 2009

l'informazione.

non fatemi domande.

nessuno può farmi domande dirette, a parte mia madre e il mio cane, le quali ironia della sorte sono entrambe abbastanza sagge da capire le cose da sole.

è inutile che mi chiedi come sto: o mi conosci bene e lo puoi capire da solo, o non mi conosci abbastanza e perciò non sei autorizzato a saperlo.
è inutile che mi chiedi cosa faccio: ti mentirò. certe cose che faccio sono talmente cazzi miei, che non hanno nemmeno un nome comune per definirlo. non si trovano sul vocabolario, e sono abbastanza complicate da disegnare.
è inutile, e molto controproducente, chiedermi con chi sono. perché a quel punto mi incazzo. se non lo sai, è perché non eri con noi, quindi perché non eri stato invitato, quindi perché non ti volevamo. 
è chiaro?

e comunque è davvero da pigri fare domande. 
se davvero vuoi sapere, basta che ascolti.
perché io, al di là del fatto che trovo la solitudine molto meglio della compagnia del novanta per cento delle persone che incontro, non sono un'eremita.
anzi, al mondo comunico tutto.
ma proprio tutto, signore e signori.
sotto forma di informazione.
perché ci tengo che voi finalmente abbiate le vostre agognate risposte? 
no.
perché mi serve.
mi servite. siete strumenti, ripetitori, amplificatori. un boccone di risposta, una mezza frase, un accenno e voi avete la vostra umana curiosità saziata, ma trasportate l'informazione, in modo più meno consapevole, dove io voglio che arrivi. 
e così siamo tutti contenti.

per esempio, oggi pomeriggio ho fatto scivolare l'informazione in un racconto breve.
è molto croccante, domani schioccherà ancora. arriverà lunedì tenuta calda dalle lingue giuste e ne avranno tutti un pezzetto per ciascuno.
ai più magari non fregherà un cazzo, tanto meglio, ma c'è qualcuno a cui arriverà dritta in faccia.
è per lui, infatti.
andrà in bagno a piangere.
bestemmiare.
tirare pugni al muro.

un po' come aveva fatto fare a me, del resto. è la nemesi storica.

ah, il potere dell'informazione.
sì, è un po' più complicato e articolato, ma basta così per ora.
se volete saperne di più, non chiedetemelo.
solo fatemi più attenzione. 

sopracciglio alzato, mezzo sorriso, bacio soffiato, ciao.


venerdì 2 ottobre 2009

ancestrale venerazione.

calpesto latitudini di corsa e mi rotolo tra i fusi orari come fossero spighe di grano. non ho più disfatto la mia valigia, ho seminato spazzolini da denti per il mondo, che ora germogliano in piccoli beautycase in bagno, e poi crescono in due magliette e mutandine di ricambio nel cassetto in fondo e un giorno daranno in frutto un posto a tavola fisso.
sono un marinaio, sono un illusionista, sono un conquistatore.
mi viene da ridere. c'è stato un tempo della mia vita in cui il fine settimana tornavo in provincia. sabato gli amici, la domenica la famiglia. il pranzo, il riposo, le acque placide del piccolo stagno. 
ora, nello stesso lasso di tempo, cambio tre continenti.
mare aperto, sferzate di vita sulla faccia.
e non lascio tracce sulla strada, è la strada che lascia tracce su di me.

il mio mappamondo è una bambola voodoo trafitta di puntine. 

ti fa male? a me no.
io me la godo. dio, solo un dio testimone, sa quanto me la sto godendo.


giovedì 1 ottobre 2009

ritagli.

e così trovo sta vecchia macchina fotografica usa e getta dimenticata sul fondo del cassetto.
è sbiadita e c'è pure incollato un orsetto di gomma di un'altra era. tipo che mi sa che me l'aveva dato un mio compagno delle medie, ti vuoi mettere con me, si no, forse.
fatto sta che la porto a sviluppare il giorno che porto anche la rollei 35 a sistemare, quindi di lei me ne scordo subito ancora, tutta concentrata sulla mia preziosa e capricciosa nuova fiamma.
poi succede che parto, vado dove devo andare e accadono le cose a cui mi tocca pensare fino a quando tutto ad un tratto, mi chiama il bottegaio delle fotografie, e mi dice che ci sono le stampe e il flash della rollei da ritirare. quindi anche li, butto tutto in borsa e me ne vado con in mano il flash che gode della mia completa attenzione finché viene sera e sono in piazza della vetra, quando sto ribaltando la borsa per cercare un foglietto e scrivere il numero di telefono di un tipo e l'unico pezzo di carta che mi ritrovo in mano è la busta delle foto e così accade.

svengo.
non cado a terra perché poi qualcuno potrebbe toccarmi per rialzarmi, svengo all'interno di me.
mi accascio dentro.
perdo i sensi in piedi, sorridendo e continuando a parlare.

che anno è.
como, la vera, un concerto, quei capelli un po' così.
che giorno è.
venezia, la letizia, dalì, quel vestire un po' così.
è questo il tempo di vivere per me.
como, faina, un bacio, quando ancora potevo tirarlo in un angolo buio, come questa foto, dove si vedono solo due sorridi. il bianco degli occhi no, perché erano chiusi.

e poi tutta questa gente, questi posti, queste me che non ho più rivisto.

tagli. tagli forti.
la rollei oggi tace.