l'ho deciso più o meno così.
è una giornata tiepida, milano è in pace con se stessa.
cammino per strada tenendo il bastone del mocio sulle spalle, con le mani attorno alle due estremità per non accecare i passanti.
sono andata a cercare il terriccio universale per la mia pianta, ma non l'ho trovato.
così me ne torno a casa a mani vuote, crocefissa al bastone del mocio.
fischietto, sorrido a chi sorride, ringrazio chi mi dice cose carine.
va tutto bene.
mi ripeto che va tutto bene.
mi tengo sotto controllo nei riflessi delle vetrine.
ingoio il vomito strizzando appena gli occhi.
sono quasi arrivata a casa.
passo il barista che mi fa il filo e per questo non ci vado mai.
passo l'edicola con l'ecuadoregno che mi saluta sempre.
esco dal campo visivo di tutto.
e lì il bastone del mocio cade.
cado anche io? non lo so.
dai.
non c'è un cazzo da star qui a far finta di vivere.
c'è da tremare, c'è da fare il verso del cerbiatto.
c'è che oggi è il compleanno della mia guerra.
oggi è il compleanno dell'uomo che amo.
oggi è il compleanno dell'unico uomo per cui sia valsa la pena essere nata donna.
decido di partire per sarajevo.
andare a vedere come si sopravvive a una guerra civile.
andare a vedere se è vero che si va avanti.
mi sono rialzata pensando solo a che parole sapevo in bosniaco.
zdravo, hvala, drago mi je, molim.
solite cose.
poi mi è venuto in mente sada.
sada. pronuciato con la s che ringhia.
sada. adesso.
ironia della sorte.
ho raccolto il bastone del mocio, e mi sono ricrocifissa.
è una giornata tiepida, milano è in pace con se stessa.
cammino per strada tenendo il bastone del mocio sulle spalle, con le mani attorno alle due estremità per non accecare i passanti.
sono andata a cercare il terriccio universale per la mia pianta, ma non l'ho trovato.
così me ne torno a casa a mani vuote, crocefissa al bastone del mocio.
fischietto, sorrido a chi sorride, ringrazio chi mi dice cose carine.
va tutto bene.
mi ripeto che va tutto bene.
mi tengo sotto controllo nei riflessi delle vetrine.
ingoio il vomito strizzando appena gli occhi.
sono quasi arrivata a casa.
passo il barista che mi fa il filo e per questo non ci vado mai.
passo l'edicola con l'ecuadoregno che mi saluta sempre.
esco dal campo visivo di tutto.
e lì il bastone del mocio cade.
cado anche io? non lo so.
dai.
non c'è un cazzo da star qui a far finta di vivere.
c'è da tremare, c'è da fare il verso del cerbiatto.
c'è che oggi è il compleanno della mia guerra.
oggi è il compleanno dell'uomo che amo.
oggi è il compleanno dell'unico uomo per cui sia valsa la pena essere nata donna.
decido di partire per sarajevo.
andare a vedere come si sopravvive a una guerra civile.
andare a vedere se è vero che si va avanti.
mi sono rialzata pensando solo a che parole sapevo in bosniaco.
zdravo, hvala, drago mi je, molim.
solite cose.
poi mi è venuto in mente sada.
sada. pronuciato con la s che ringhia.
sada. adesso.
ironia della sorte.
ho raccolto il bastone del mocio, e mi sono ricrocifissa.