giovedì 30 aprile 2009

procrastinare. tergiversare. rinviare.
sprecare tempo come in un ergastolo.

festeggiamo la festa dei morti anche se siamo vivi e la festa dei lavoratori anche se siamo precari.
la festa degli innamorati anche se siamo cinici.

l'emozione più forte della giornata è stata scivolare sullo scalino.

sbecchettare l'osso di seppia e deporre uova e armi.

mercoledì 29 aprile 2009

del tempo e del rispetto.

cazzo, quando mi ci metto sono proprio brava.
peccato che non ho più voglia, e finisce che scrivo robacce mediocri e mi sento scomodissima.
ancora per 40 giorni. giorni tolti alla vita. 40 come i ladroni.

ieri la pioggia era onesta, e andava apprezzata. gocce che asfaltavano la darsena.
tuoni e lampi come a como nei novanta.
così sì, il maltempo vero è meglio del tempo ipocrita.
merita rispetto, quindi ci siamo tolti l'ombrello.
un massaggio edificante al midollo spinale.

ora il palinsesto del sogno per adulti si è spostato all'alba.
con buona pace della sveglia.

martedì 28 aprile 2009

ora passo all'elettronica.

il mantra di oggi è presto tutto questo finirà.

o mi iscrivo a economia, o fra due mesi sarò sul delta del chang jiang a tirare avanzi di wanton ai pescatori.

quanta acqua risparmierò quando non vi avrò più tra le pupille.
devo ricordarmi di guardarmi da tre metri di distanza. è così semplice.

ricordatevi della peste: se sopravvivete una volta, siete a posto per sempre.
se avete la sfiga di ricontagiarvi, al massimo vi fate un'influenza. 
quindi sventolami pure davanti la tua valigetta nera con i bottoni.
un'altra hiroshima mi spettina solo i gerani sul balcone.

te l'avevo detto in anticipo, in tre libri.
il bello di essere nata così tardi nelle storia della letteratura è che ci sono parole già pronte.

degustazione di 35 etichette.
che la ultima indichi cianuro.


lunedì 27 aprile 2009

in vino praecepta.

ho chiesto a mia mamma di prestarmi la fede, non so più come fare.
a costo di fermare la circolazione, me la infilo sul medio, così avrà più rilevanza stilistica mostrarla. 

cos'ho fatto tutto il tempo sotto la pioggia?
mantecato i miei pensieri e le luci sbagliate, mentre i capelli si arricciavano.
una poesia disarmante.
lui mi dice che non sono complicata, solo molto ricca di cose.
sarà.
ma vorrei avere un bibliotecario che riordini gli scaffali.

ritorno a studiare.
dal vino imparo molto più che dai manuali di psicologia comprati al libraccio.

e mi ritorno in mente, bella com'ero, quando ti sussurrai si mon amour pour toi avait une couleur, elle serait le rouge foncé. comme le sang mélangé à la nuit. 



(quante parole sprecate.)

giovedì 23 aprile 2009

i paria del design.

si, non ho ancora capito l'esposizione. non è carino lasciarlo immobile per trenta secondi finché non si chiude l'otturatore. per fortuna, non c'erano scatti memorabili, solo facce da autocad in stretta competizione con la destrutturazione del legno esposta.

e senza c non è la stessa cosa, quindi alle ore due sono sul divano a vedere fracchia contro dracula.

fra un pò scrivo ancora.


martedì 21 aprile 2009

la pace dei sensi (di colpa).

qualcuno di particolarmente annoiato e insonne ha inserito il gettone.
così, quando ormai la scimmietta aveva già posato i piatti, la ballerina era passata dal tutù al pigiama e nani e pagliacci erano a letto, si è rialzato il sipario.

e riparte il carillon dello strazio, le migliaia di parole che ci scrosciamo addosso.
della stessa consistenza dei fantasmi di cui parlano.
ti attraversano e non ti rimane niente, se non una vaga sensazione di vuoto.
per quanto tenti di astrarre, c'è un errore, e io non mi permetto di sbagliare.
non riesco a capire come risolverti, o più gentilmente fare pace con te.

ma stavolta me la rido, ti do meno importanza. la guardo da fuori, e risolvo i sensi di colpa nella colpa dei sensi.
e stavolta non rifaccio l'errore di far decidere a loro. 

se ho perso ancora, sono solo ore di sonno.

lunedì 20 aprile 2009

lighter lighter lighter

più leggeri, più luminosi.
contro la ciclotimia dei vostri sentimenti. perturbazioni in arrivo sul tuo viso, ma se io sorrido non mi piovi addosso.
come quando all'asilo disegnavo il sole in pancia alle persone e suor mario pensava fosse una forma precancerosa. 
io il sole ce l'ho dentro, me l'ha detto anche il coroner.

modalità s, priorità al tempo.
so aspettare. 
tengo la mano fermissima e mi preparo a metterti a fuoco.



salone del mobile.
non vedo l'ora di vedervi tutti, soprammobili tirati a lucido.

see you lighter.

venerdì 17 aprile 2009

la guerra civile.

piuttosto che dirti di me, leggo heiddeger in lingua originale, che mi sembra di sfogliare un topolino. 
niente: non si cambia argomento mai. all'ordine del giorno sempre la guerra civile. 
le truppe dei ribelli in congedo contro i soldati del regime in maternità. sempre incinti.
il golpe al re che abdica.
cannucce nelle molotov, cin cin.
limousine con i cingolati parcheggiate sulle strisce pedonali dei buoni sentimenti, gli accordi internazionali che vietano i coinvolgimenti civili delle sopracciglia, testate nucleari sul muro, grafici previsioni sondaggi referendum.

voto per la pena di morte, che non è pena, è sollievo.


ma voi, voi amato pubblico, voi non vi preoccupate: le trasmissioni non subiranno interferenze, nel palinsesto sorrisi a 32 pollici.

(e di notte dormite i sogni d'oro della vostra generazione, mentre in un'altra stanza, senza disturbare, mi sgranocchio bene i denti).



giovedì 16 aprile 2009

noi no.

perché la parola noi tu non riesci a pronunciarla fino in fondo, e ti fermi sempre a no.


mercoledì 15 aprile 2009

beat, inderogabilmente beat.

nella stanza poco più grande di un normale salotto mitteleuropeo eravamo in trecento cinesi.
e io stavo facendo la fila per il passaporto, per osmosi.

poi spingere il motorello nella crisi anticipatoria di caldo che mi annienterà.
mi sto già decomponendo, e rimpiango il mio inverno natale, condizione di silenzio e compostezza, eleganza e pulizia.
la colazione sulle scale, le falafel sul borso del marciapiede, il pranzo lineare, i campari col bianco ogni cento metri, il tè bianco con la pasticceria fine.
sono quello che mangio, sono le venti donne diverse che ciascuno chiama più o meno stefania.

e oggi ho esistito una giornata beat, e maledetta ansia che rosica i pilastri della terra e non mi fa mai completamente.

martedì 14 aprile 2009

quarto piano.

oggi odio.

prendete una lettera di addio.
senza appigli, liscia come l'olio di ricino.
scritta in italiano, eppure così difficile da capire.
così imminente, ma subito bruciata al passato.

come leggere il manuale d'istruzioni di un elettrodomestico ormai rotto.

e scoprite che aveva magnifiche funzioni di cui voi non eravate a conoscenza.
un robot da cucina che, vi informa il manuale, poteva fare tutto ciò di cui avevate bisogno.
e voi lo usavate per snocciolare le olive.
riempiendovi la cucina di tutti quegli attrezzi monofunzione che vi sembravano indispensabili.

(un robot da cucina. ahah.)

proprio ora che ho fame, e la fame mangia lo stomaco come la rabbia, oggi odio.
il robot che mi ha nascosto i suoi tasti.
la mezzaluna che non sa impastare e il frustino che non sa sminuzzare.
me che non so ancora fare a meno di nessuno.

se avessi la garanzia, quasi quasi sarei tentata di vedere se davvero lui basta e avanza.
ma ho paura della pubblicità. ho paura che sia falso. ho paura che sia tardi.

prendete una lettera d'addio senza domande.
l'unica risposta è uscire dalla finestra della cucina
.

l'apnea della provincia.

i fiori della ruggine, fotografati in molteplici angolazioni, si rivelarono molto scontrosi.

ho detto le cose che dovevo dire, con il tono di voce che volevano fosse usato.
ho anticipato le cose che si aspettavano e lasciato correre ove previsto.
ho brindato al prestigio, ubriacandomi nella mia diseguaglianza.

poi l'ho portato nel parcheggio, e le lamiere dei transformers non ci hanno fatto da letto.
sul muro abbiamo livellato il sud e il nord del mondo, e tutto il resto è letteratura.

l'apnea.

come ho fatto ad arrivar fin qui?
ancora oggi, mentre respiro mediocrità e glicini, non riesco a darmi un senso.

sabato 11 aprile 2009

galassie in affitto.

nella casa degli specchi ci siamo distorti in tutti modi, e alla fine non ci ricordavamo più come eravamo fatti.
è una storia lunghissima, mi stanca anche solo pensarla. mi stanco io, mi stanchi tu.
non sai cosa ti sei persa. bravo, è vero.
so di aver perso, ma non so cosa. quindi sto male relativamente.
la tua vittoria del negarti ti fa festeggiare da solo.
pulisco l'aria e cambio soggetto.
ciò che ho visto in fondo mi è piaciuto, ma mai abbastanza.
sono cortomirante, forse, ma non così stupida.

mi mancherai, certo, ma non ne avrai sostanza.
asciugai lutti nei corridoi delle mie stanze e non piansi sul monumento ai caduti neanche un petalo.
ti dimenticherò, certo, non per questo sarai meno importante.
ci hanno insegnato a toglierci i chiodi a risorgere, e le stigmate diventeranno rughe.

amore mio, dalla casa degli specchi siamo usciti spaccando i vetri. raccogliamo schegge, insanguiniamoci le dita, sorridiamo nel riflesso del nostro viso liberato.

la tua galassia in espansione, e io ti auguro solo il meglio.

ricomincio a cercarmi.

giovedì 9 aprile 2009

ora vedo, il dopo.

il mio commiato sarà una lettera di finto testo, perché non scrivo più per voi.
libero il mio ufficio dai fogli e dalle bottiglie rotte. vi lascio un paio di metafore appiccicate sotto la scrivania.

18-55.

emigrerò in argentina come i nostri padri. o nelle miniere del belgio come i siciliani che amo ascoltare. sentirò i fischi dei surfisti delle hawaii, e quelli dell'orient express, dove servirò calici di napalm. a sciogliere i nodi in polinesia, a intrecciare fili d'erba nel nord. su isole sbriciolate nel mare a microonde, sulle circonvallazioni delle bidonville a aspettare la novanta, senza estasi, senza solennità. la fame di vivere è il piatto tipico locale. la nausea di esistere che curo masticando travelgum e chilometri. piegare orizzonti riluttanti, intessere le latitudini alle linee del mio palmo, e sulle lancette della bussola leggere solo l'ora della partenza.
dove il cuore scomposto nei cinque continenti, e noi non andremo mai a pezzi perché non siamo mai stati insieme.
mi mancherà solo la voce di mia madre e il sapore dell'olio d'oliva.

ti manderò cartoline senza parole, morse ai bordi come ho morso i tuoi lobi, e i tuoi occhi saranno ogni volta oggetto di studio per gli oceanografici.

alla fine di questo viaggio, mi unirò alle paperelle di gomma che si sono buttate dal cargo e ora navigano compatte in acque internazionali.
e si tengono ben lontane da tutti i porti del mondo.

dove so che tu ci sarai.
ad aspettarmi.
a farti ricordare.

mercoledì 8 aprile 2009

lampi di pelle.

prendimi per mano e fammi vedere cosa mi sono persa.
portami a fare un giro negli anni che mi hanno vissuta, mentre io opponevo resistenza. raccontami le scene senza dialoghi, perchè sono diventata cieca a furia di starvi ad ascoltare. sono diventata cieca perchè vi ho ascoltato troppo.
portami dagli amici che ho perso, da quelli ho lasciato e da quelli che mi sono dimenticata di innaffiare.
prendimi la mano e mettici dentro il guinzaglio del cane nero.
il filo dell'aquilone che mi tiene ormeggiata a terra.

mi sono interpretata così bene che ora mi serve un copione per essere me stessa.
la verità ha scarso valore narrativo, e al mio funerale ci saranno tutti i miei amici immaginari.
l'ho fatto per voi, e nessuna buona azione resterà impunita.

andatevene tutti affanculo. il titolo del mio romanzo di formazione.

alla tua.

io non so quanto effettivamente capisca quando dice di aver capito.
comunque sto atipicamente bene, e dissolvo questo dubbio poco cotto nella seconda bottiglia. beviamo un sorso dell'annata del 2005, e apprezziamo il gusto chinato dell'uva che abbiamo pigiato insieme. 
così, all'improvviso ancora noi. o meglio io e te. c'est different. 

viaggiamo da un emisfero all'altro, perché no?
che sia del mondo, che sia del nostro cervello, insieme ce n'è per divertirsi, almeno.

insieme, ma io più io.

lunedì 6 aprile 2009

yoga.

stare in piedi a testa alta di fronte a te.
questa è l'asana più difficile.

nessuna esposizione di compensazione.

l'apice dell'apoteosi del servilismo all'italiana. 
il gioco dell'idolatria.
lettere di licenziamento scritte con l'inchiostro simpatico, che non si sa mai.
parole d'amore senza conservanti, che se le rimangi non ti fanno male.
e sono biodegradabili, come i rifiuti organici.
smemorati, ingenui o troppo furbi, rassegnati.
aspetto il tram mordendo il bordo dello sgabello pieghevole. e penso a come si dice balena spiaggiata in tedesco. tutto quello che penso è come si traduce balena spiaggiata.

tanto non mi ricordo neanche la mia lingua madre, ormai.
ascolto troppo rap. parlo troppo silenzio. leggo troppo poco.
o sono finite le persone con cui usare parole rare.

non scriverò mai come una giornalista. non sottolineerò la sofferenza altrui.
non vi racconterò la guerra, perché starò facendo da scudo a qualcuno. 
non vi parlerò del terremoto, perché starò raccogliendo le macerie.
non vi aggiornerò sull'omicidio, perché starò porgendo fazzoletti a chi piange.

non sarò io a farvi la cronaca, perché non guardo in quella direzione.

al massimo, sarò l'unica fotografa al mondo che si mette in posa quando scatta.
per farvi più contenti, per farvi stare più male.

in un altro sistema, in un'altra vita, cospirazioni di simboli e manciate di realtà da dare in pasto alle domande.
la busta paga è accanimento terapeutico.
voglio uscire dal coma, entrambe le porte mi vanno bene.



der gestrandete Wal. gut. ora non mi resta che aspettare anche greenpeace.

venerdì 3 aprile 2009

l

mandavamo sms in avanscoperta.
con le parole costruivamo avamposti.

come quanto ti ho scritto che ti stavo impollinando con gli occhi.
ti ho espugnato in rivoli d'inchiostro. deflagrazioni i tuoi battiti, sotto le mie lettere d'amore arate dalle tue pupille.

eri già mio quando ho mandato il corpo a prenderti.

e il mio trofeo di guerra, essere conquistata, invasa, rasa al suolo.
così vicina al segreto massimo dell'universo e dell'atomo.

nel mio arsenale, ora, anche il silenzio.
e di tutte le parole forgiate solo per te, tornami.

e grazie.

giovedì 2 aprile 2009

la traiettoria del nostro incontro.

se io proiettile, tu grilletto.

se tu proiettile, io bersaglio.


(seduti a riva, nel paese dell'infanzia, coi piedi a mollo.
mi disse: guarda. la superficie è nera e immobile. sembra che non succeda niente. ma sotto ci sono delle correnti così forti che spostano le rocce da una sponda all'altra e cambiano la forma del fondale.


sii come questo lago)


e un giorno la paura avrà paura di te.

chi mi dice ti amo/escluso il cane.

concentrazione a oltranza. come la sentinella infreddolita e stremata, di notte sul carso. a sberle per stare sveglia e vigile, presente nell'adesso. che appena abbasso la guardia i pensieri mi scappano dalla presa come cani rabbiosi, che non rispondono più ai comandi. e vanno a sbranarmi i polmoni. si contendono l'intestino. riducono a brandelli le pareti dello stomaco. che quando poi riesco a staccarli e rimetterli a cuccia, dentro mi è male che fuori sono inservibile.


i pensieri sono il miglior amico dell'uomo.

mercoledì 1 aprile 2009

se proprio volete sapere.

sono qui che quasi soffoco in serra china sul vaso per vedere germogliare il basilico quando sento uno spiffero sul collo. mi alzo con le gambe atrofizzate, corro a controllare le pareti. le finestre sembrano a posto. le vetrate non hanno crepe, il silicone è inalterato. magari mi sono sbagliata. ritorno in fretta sul vaso. se smetto di piangerci sopra per un attimo c’è il rischio che il semino lo prenda come pretesto per ricattarmi. lasciarsi morire e dare la colpa a me. solo il pensiero mi fa mancare il respiro. strizzo gli occhi per recuperare le gocce perse. guardo la terra cercando di intravedere un minimo accenno. forse non se ne è accorto. speriamo.
passa un po' e sento di nuovo lo spiffero. questa volta mi sembra anche più forte di prima. d'istinto, mi curvo sul vaso. resto così, a fargli da scudo, finché non son sicura che sia passato. mi risollevo e piango forte. così posso allontanarmi per ricontrollare. da dove viene questo spiffero. non capisco. esamino tutto il perimetro, arrivo fino alla porta. murata dall'interno, come l'avevo lasciata io. senza la minima fessura. anche il soffitto è ermetico, il pavimento perfettamente isolato. ho lavorato alla serra per tutta la vita. certo, è possibile che la struttura si alteri, ma è molto raro. e comunque, la riparerei subito. però qui, non vedo proprio niente che non vada. è tutto a posto. molto strano.
torno sul vaso, mentre riprendo la mia costante irrigazione ripenso allo spiffero. chissà da dove entra. poi smetto di pensarci. forse me lo sono solo immaginata. sarà un po' di stanchezza. scusami, mio amato semino, mio prezioso germoglio. torno a concentrarmi su lui. solo su di lui. il mio reticente, capriccioso, superbo basilico che imbocco di lacrime.