il mio commiato sarà una lettera di finto testo, perché non scrivo più per voi.
libero il mio ufficio dai fogli e dalle bottiglie rotte. vi lascio un paio di metafore appiccicate sotto la scrivania.
18-55.
emigrerò in argentina come i nostri padri. o nelle miniere del belgio come i siciliani che amo ascoltare. sentirò i fischi dei surfisti delle hawaii, e quelli dell'orient express, dove servirò calici di napalm. a sciogliere i nodi in polinesia, a intrecciare fili d'erba nel nord. su isole sbriciolate nel mare a microonde, sulle circonvallazioni delle bidonville a aspettare la novanta, senza estasi, senza solennità. la fame di vivere è il piatto tipico locale. la nausea di esistere che curo masticando travelgum e chilometri. piegare orizzonti riluttanti, intessere le latitudini alle linee del mio palmo, e sulle lancette della bussola leggere solo l'ora della partenza.
dove il cuore scomposto nei cinque continenti, e noi non andremo mai a pezzi perché non siamo mai stati insieme.
mi mancherà solo la voce di mia madre e il sapore dell'olio d'oliva.
ti manderò cartoline senza parole, morse ai bordi come ho morso i tuoi lobi, e i tuoi occhi saranno ogni volta oggetto di studio per gli oceanografici.
alla fine di questo viaggio, mi unirò alle paperelle di gomma che si sono buttate dal cargo e ora navigano compatte in acque internazionali.
e si tengono ben lontane da tutti i porti del mondo.
dove so che tu ci sarai.
ad aspettarmi.
a farti ricordare.