martedì 13 ottobre 2009

manhattan-pavia.

come si fa a non amarlo dopo che ti ha risposto mio padre? non so dov'è. o è al casinò o è a mignotte.
poi ha girato il sugo, la pasta che ti sta preparando, e ha aggiunto, con la stessa aria candida e innocente, a pensarci bene sarà andato a tutt'eddue.
io l'ho glassato di quel sentimento denso di affetto e calore e protezione e esclusività.
cucciolo di imperatore decaduto.
cresci mentre ti accarezzo mentalmente la testa contropelo e ti stringo a me.

ora, mi stupisco di come faccio a scrivere così ubriaca adesso.
robe che v. era giù sul lavandino e io con la mano scavavo nel suo vomito per togliere i pezzetti di cetriolini che otturavano lo scarico.
e ridevo.
e rassicuravo.

poi ho riallacciato la sua cerniera, anche. con l'umanità e la professionalità neutra di un'infermiera in india.
non c'è nessuna rappresentazione del corpo umano che possa smuovermi.
sono un segno di terra, e nella terra accolgo i corpi in decomposizione.
vomitate se state male. se vi amo, vi terrò la fronte e non avrò nessun moto di ribrezzo per voi.

pensavo a una canzone che volevo scriverti, un'altra.
ormai le canzoni che ho depositato in siae sono più dei campari che ho bevuto stasera.
tanti amore mio. troppi.
più delle tue dita ben aperte, sulle tue mani che mi arrivano addosso, per toccarmi il più possibile.

il problema è l'assenzio.
il silenzio assenzio.

cosa esisto a fare io, se non esiti tu?

siate buoni voi che mi cercate.
capitela.
non sono su questo schifo di terra per voi.

ai baci saffici.
brave, sorelle.
un giorno particolamente scontroso, cederò alle vostre morbide lusinghe.