domenica 21 marzo 2010

le rane.

sotto la doccia ti ho insaponato i capelli, massaggiandoti lentamente il cranio.
stavo dietro di te, non ti vedevo ma sapevo immaginare la tua espressione.
scommetto che avevi gli occhi socchiusi.
poi ti ho risciacquato con calma e attenzione, e ti ho messo il balsamo, il mio.

a dieci metri dal suolo le nostre esistenze hanno la giusta dimensione.
si ridimensionano desideri e problemi, speranze e drammi in corso.
l'inutilità dell'individuo è direttamente proporzionale alla distanza da cui lo si osserva, e io mi sento sollevata dall'incarico del senso.
siamo tutti più vulnerabili, siamo tutti più volubili.
e le secrete cure che al viver tuo furon tempesta non sono altro che ininfluenti interferenze atmosferiche.
a questo pensavo passeggiando per brera, guardando all'insù.

ti ho massaggiato le ciocche una ad una, sciogliendo i nodi tra le dita.
poi con la schiuma ti ho disegnato scie.
dalle tempie alla testa, scivolando sulla nuca e il collo, allargando sulle spalle e giù per tutta la schiena.
lì ti ho preso e ti ho girato, e mi sono inginocchiata.

un giorno, se anche io non andrò sempre fuggendo di gente in gente, ti prometto che sederò con te a condividere le poesie imparate a memoria.
e ti spiegherò bene la mia teoria sul teatro.
ti parlerò delle città che ho vissuto e di quelle che ho immaginato.
e ti racconterò tutto quello che so sull'astronomia e quel poco che ho capito di me.
delle risposte che non mi sono mai data, delle sensazioni dei traguardi, delle scorciatoie dal nulla verso al nulla, del prezzo che ho dovuto pagare.
sarà dolcissimo.
la comunione, l'oblio.

mentre l'acqua ci benediceva, non ti vedevo ma sapevo immaginare la tua espressione.
scommetto che avevi gli occhi socchiusi.