aveva un piccolo proiettore del planetario. a luci spente, riproduceva la volta celeste sul soffitto.
lui lo prese e glielo puntò addosso.
lei si ritrovò vestita di solo universo.
(amo l'inverno. condizione di silenzio e pulizia, eleganza e compostezza.
il freddo conserva e dà forma ai sospiri. induce alla vicinanza e al raccoglimento.
l'intimità di un camino, la pelle da guadagnare, sotto gli stati di lana e brividi.)
il sistema solare sulla sua pancia, attorno al buco nero del suo ombelico.
le costellazioni incastrate ai capelli, le galassie distorte dalle sue forme.
sirio e vega a palpebre socchiuse, univa i puntini di pegaso sul dorso della sua mano.
poi lui oscillò lentamente il proiettore, e cominciò ad accarezzarla con la via lattea.
(mi rimane di te un abbraccio nervoso, e le tue dita passate tra i miei capelli glassati di brina.
sferzate di orgoglio a tagliarci la faccia. chilometri di iceberg tra le nostre bocche mute.)
quando lui si avvicinò, lei era sotto il segno del capricorno.
e per una volta nella vita, non ne subì minimamente gli influssi.